Nuovo Consiglio comunale, la sfida generazionale cambia gli assetti
Laura Castelletti, neoeletta sindaca, si è presa qualche giorno di tempo per rifiatare e non ha ancora incontrato nessuna delle delegazioni. Ma siccome il sottobosco politico non dorme mai, la corsa agli sgambetti verso il consiglio comunale è iniziata. Le frasi sibilline (di rito, va detto) si sprecano: «Non potrà basarsi solo sulle preferenze» sussurra, ad esempio, chi vuole affossare almeno due dei volti nuovi di casa dem. Non erano passate neanche 24 ore dai festeggiamenti per la vittoria di Laura Castelletti in Loggia, che già nel Pd c’era chi tentava di fare le scarpe a due delle candidate più preferenziate (e sta proprio qui il fastidio, anche questo come da tradizione). Guarda caso sono due donne ed entrambe giovani.
Stabilità
La meta, per tutti, è non uscire malconci dalle nomine di Giunta. Perché non è solo una questione di bronci o di fisiologici mal di pancia. In ballo c’è la stabilità dei gruppi consiliari e sullo sfondo, sempre meno sfocata, c’è la sequela di riposizionamenti politici interni. È un match molto delicato questo. In primis perché Castelletti non ha un partito alle spalle, tanto meno la tessera del Pd: questo lo sa lei e lo sanno loro. È vero, l’hanno scelta, ma lo hanno fatto alla fine, congelando una contesa interna (squisitamente tra correnti) che si è intersecata anche con la schermaglia per la guida della segreteria nazionale (e in autunno si aprono i congressi territoriali, in cui la base che stava con Bonaccini cercherà di riprendersi le redini locali, nel tentativo di isolare la segretaria nazionale).
A maggior ragione il sindaco deve fidelizzare la sua squadra per non trovarsi in mezzo a un fuoco incrociato di un partito che vale il 50 per cento della sua Giunta e che in Aula occupa undici posti. Lo può fare tenendo fede a se stessa: aprendo ai nuovi preferenziati dagli elettori che, in fondo, lo hanno chiesto col voto il ricambio. È il primo banco di prova e non è solo una questione di posti da distribuire: è un patto chiaro che la nuova generazione deve stringere con la vecchia. L’Aula ha consumato la sua metamorfosi. A sedere in Consiglio c’è un operaio, ci sono attivisti, c’è una platea di persone che il volontariato lo ha vissuto e che quando parla di «ultimi» e di «sociale» ha bene in mente i volti e la sofferenza, ci sono tanti liberi professionisti, altrettanti docenti. Con il ricambio generazionale, insomma, sono rimasti ben pochi «politici di professione».
Leadership
Altrettanto centrale sarà la partita dei capigruppo, un ruolo che negli ultimi anni in casa dem nessuno si è stracciato le vesti per ricoprire, ma che oggi - con l’assenza di Emilio Del Bono a rappresentare la «voce politica del Pd» - può essere dirimente sotto tanti aspetti: riuscirà, ad esempio, il gruppo in Loggia a mantenere un’autonomia talvolta anche stonata rispetto al livello provinciale (come è stato finora)? E soprattutto: le conviene ancora? Nel centrodestra il mosaico è più lineare: la coalizione ha riconosciuto a Fabio Rolfi la leadership. Il candidato sindaco entrerà in quota civica, ma facilmente aderirà al gruppo della Lega, esercitando lì il ruolo di capogruppo. La sua lista potrebbe essere guidata da Massimiliano Battagliola, mentre in Fdi sarà interessante vedere chi la spunterà tra Mattia Margaroli e Nini Ferrari, che doveva essere il numero due di Rolfi. Le scommesse sono aperte.
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