Nuovi focolai di Covid nelle Rsa: torna l’incubo delle visite vietate

Pochi casi, ma sufficienti a sospendere gli incontri tra anziani e familiari in molte realtà bresciane
COVID, RSA IN ALLERTA
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Torna l’incubo di non poter vedere i propri cari ospiti nelle Case di Riposo. A macchia di leopardo le strutture stanno chiudendo alle visite alcuni nuclei perché ci sono degli anziani positivi al Covid. Il benessere della persona, rappresentato anche dalla vista dei figli e dal poter trascorrere del tempo con loro, viene sacrificato sull’altare della salute fisica.

Così, chi vive in Rsa (l’ultima «chiusura» ieri del secondo nucleo di Casa di Dio, il primo chiuso alle visite lunedì, ma ci sono strutture in provincia che non hanno ancora aperto alle visite, altre che le permettono solo su appuntamento), ma anche chi viene ricoverato in alcuni reparti ospedalieri, vive un tempo sospeso (una testimonianza la trovate nella pagina delle lettere al direttore). Una solitudine abitata, è il caso delle Rsa, dalla presenza di chi ci lavora che cerca di riempirla pur nella consapevolezza di non poter sostituire gli affetti.

Nota di ottimismo

La nota di ottimismo, confermata dai medici che si alternano nelle strutture residenziali sociosanitarie territoriali, è che la positività al coronavirus non compromette di molto le condizioni cliniche degli ospiti, anche di quelli molto anziani. «Le persone positive al virus hanno una febbre che non supera mai i 38 gradi e nel giro di 24 ore non ne hanno più e stanno meglio - afferma un medico -. In linea di massima, nell’arco di una settimana il test si negativizza».

Un ottimismo al quale ci si aggrappa, senza perdere il realismo che porta a leggere l’ultima delibera regionale che descrive le modalità di visita alle persone che vivono nelle strutture della rete «delle unità di offerta residenziali sociosanitarie e della salute mentale territoriale». Anche nelle Rsa, per intenderci. Si legge: «Anche in presenza di casi Covid-19 positivi tra gli ospiti, dovrà essere garantito un accesso minimo giornaliero per ospite Covid-19 negativo, non inferiore a quarantacinque minuti, adottando le misure di sicurezza per prevenire assembramenti e diffusione dei contagi.

La visita a eventuali ospiti Covid-19 positivi può essere autorizzata dal medico tenendo presente situazioni particolari, adottando le dovute precauzioni. Le visite a ospiti Covid-19 positivi sono possibili, valutandone frequenza, modalità e durata con la direzione della struttura in modo da garantire l’applicazione delle idonee misure di sicurezza e la disponibilità del necessario personale di sorveglianza e supporto».

Le regole

Così si legge nella delibera approvata in Giunta regionale nella seduta del 16 maggio scorso. Certo, era una fase in cui ci eravamo illusi di aver finalmente girato pagina, rimuovendo quelle voci insistenti e inascoltate che hanno continuato a ricordarci che il virus non è scomparso, che circola ancora e via dicendo. È vero e l’impennata dei contagi di queste ultime settimane, complice la sottovariante della Omicron 5 che imperversa, ne è la conferma.

Tuttavia, è altrettanto vero, osservando la statistica delle persone maggiormente contagiate, che i positivi sono concentrati nella fascia 25-59. Dopo i sessant’anni i numeri sono contenuti (dati del report regionale) ed ancora di più nelle strutture residenziali dove gli ospiti sono stati vaccinati al 96% con la quarta dose di farmaco per prevenire le forme gravi della malattia causata da infezione da SarsCov2.

Una situazione completamente differente, dunque, da quella vissuta all’inizio della pandemia quando moltissimi sono stati i decessi tra gli anziani, accelerati da un’infezione devastante e sconosciuta. Tanto che la stessa Ats (Agenzia di tutela della Salute) di Brescia afferma: «Sospendere le visite agli ospiti da parte dei parenti resta, al momento, una decisione da ponderare con estrema cautela. La chiusura rientra nelle deroghe eccezionali da concordare e in ambiti ben delimitati».

Le nuove regole

Le determinazioni regionali prevedono anche che «ulteriori restrizioni, commisurate all’entità del rischio, sono ammissibili solo in presenza di contesti epidemiologici che ne giustifichino l’adozione a giudizio del responsabile sanitario, al fine di garantire la sicurezza degli ospiti. La possibilità di adozione di misure più restrittive da parte del medico responsabile della struttura è da intendersi, quindi, nella regolamentazione degli orari in modo da prevenire assembramenti o rischi per la salute degli ospiti».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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