Non suonatemi, non ho dolci: Halloween e il maledetto campanello

Ecco come vivere con serenità la (paurosa) festa di Halloween, tra mancate tradizioni e pericolose evoluzioni
Il Grande Cocomero. Le zucche simbolo di Halloween
Il Grande Cocomero. Le zucche simbolo di Halloween
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Linus, il saggio fratello di Lucy, fedele amico di Charlie Brown, la notte di Ognissanti va nel suo orto di cocomeri aspettando l’arrivo del Grande Cocomero. È una sua divinità personale, una specie di Babbo Natale, che la notte di Halloween sorge, appunto, nell’orto dei cocomeri al più sincero di tutti per portare regali a tutti i bambini del mondo che sono stati buoni.

A me questa storia dei fumetti Peanuts è sempre piaciuta un sacco. Se devo essere proprio sincero è l’unica cosa che mi piace di Halloween. La mia contrarietà ha motivazioni fortemente personali. Non c’entra il fatto che non sia una nostra tradizione, se andate su Wikipedia scoprirete che per alcuni ricercatori le radici vanno cercate nella festa romana dedicata a Pomona, dea dei frutti e dei semi, o nella festa dei morti chiamata Parentalia. E non c’entra nulla neppure il consumismo, che certo di Halloween è un carburante ad altissima resa. Men che meno l’avversità nasce da una mia repulsione per le ineleganti e chiassose americanate.

Il problema è il campanello. Stasera, dopocena, mi metterò sul divano a guardare Amadeus su Rai1 e nel giro di pochi minuti mi assopirò beatamente. Pensare che un gruppo di bambinetti mi suoni per chiedermi dolcetti o scherzetti mi manda fuori di testa. Per di più io non mangio dolci. E ahinoi siamo solo all’inizio.

Negli Stati Uniti la festa di Halloween sta già cambiando pelle. Essendoci sempre meno piccoli bipedi come poteva evolversi la festa delle zucche? Sono scesi in campo i quadrupedi, quelli che un tempo erano soltanto il migliore amico dell’uomo e che oggi sono invece un suo familiare stretto. Ecco, io non vedo l’ora che mi suonino e mi dicano: dolcetto o cagnetto? Ecco, quel giorno ci sarà davvero da ridere.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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