Non possiamo salvare il pianeta facendo su e giù dalla giostra
Leggo dell’Amazzonia, della Siberia, della Groenlandia, della supercella, della Pianura Padana calda e arida come il Pakistan: il cambiamento climatico mi preoccupa molto, è la nostra emergenza globale, lo è per i nostri figli, cerco di informarmi, di scriverne, di fare scelte conseguenti.
Poi, un giorno, vado al parco dei divertimenti, non chiedetemi il nome perché uno vale l’altro. Ci sono andato in auto, perché il treno non coincideva con i miei orari. Ho cercato inutilmente di scoprire quanta energia elettrica viene usata per fare funzionare le montagne russe e per tutte le altre attrazioni; ho provato a calcolare quanta acqua serve per i giochi; ho visto migliaia di pasti divorati, molta carne, moltissima carne, porzioni extralarge; e poi i rifiuti, tutto il suolo consumato, i bisogni di decine di migliaia di persone.
Direte: che giornata deprimente. E invece no, mi sono divertito. Perché mentre vedevo queste cose ci pensavo e anche no. Ci penso di più ora, e mi sembra che quando diciamo che dobbiamo cambiare stili di vita non sappiamo nemmeno quanto. Questo ci spaventa, ci fa sentire impotenti, ma in fondo ci consola anche: sulla giostra non ci saliamo mai da soli. E non vorremmo mai scendere.
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