No Gormley, no Bigio: piazza Vittoria punto e a capo
L'artista non chiude la questione sul destino del basamento, per i saggi il Bigio non deve tornare in piazza. La parola alla Giunta.
Bigio? Non in piazza Vittoria
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Ah, gli artisti. Capaci di stupire, ribaltare le prospettive, stravolgere le attese. Prendete Antony Gormley, Sir Antony Gormley: il noto e importante scultore inglese, invitato a Brescia per un sopralluogo in vista di un’eventuale statua che sostituisca il Bigio, ha detto che in fondo il basamento sta bene così com’è. Vuoto.
«Non ha senso metterci un corpo monumentale. Ha una sua storia e aveva una scultura». Ma se proprio proprio dovesse tornare in piazza? «Possiamo rimettercela se i bresciani la vogliono, ma a quel punto credo che dovrebbe essere sdraiata, in orizzontale».
Dunque, il Bigio al massimo in versione dormiente, nella stessa posizione in cui si trova nel magazzino del Comune, e di una statua firmata Gormley manco a parlarne. In realtà la piazza sembra avere ispirato l’artista inglese. Ai membri della commissione Dazzi, guidata da Massimo Minini, che doveva dare un parere alla Loggia sull’opportunità di riportare o meno l’Era fascista sul suo stallo, ha detto di vedere bene una colonna di statue raffiguranti uomini (uno dei suoi classici soggetti) che sale dal fondo del settimo piano del parcheggio interrato fino a spuntare in piazza Vittoria tra le grate. Bella, ma irrealizzabile.
Dunque? Un punto fermo è costituito dal parere dei saggi, tra cui vi sono Minini, presidente della Fondazione Brescia Musei, Ruggero Eugeni, dell’Università Cattolica, Sergio Onger, dell’Università Statale, Riccardo Romagnoli, dell’accademia Santa Giulia, e Roberto Dolzanelli, della Laba. Istituto, quest'ultimo, che si era occupato per conto del Comune del restauro della superficie della statua.
Dunque? Un punto fermo è costituito dal parere dei saggi, tra cui vi sono Minini, presidente della Fondazione Brescia Musei, Ruggero Eugeni, dell’Università Cattolica, Sergio Onger, dell’Università Statale, Riccardo Romagnoli, dell’accademia Santa Giulia, e Roberto Dolzanelli, della Laba. Istituto, quest'ultimo, che si era occupato per conto del Comune del restauro della superficie della statua.
La commissione ha inviato una nota al Comune per dire che «tutti e cinque i componenti sono d’accordo sul fatto che la statua L’Era Fascista vada fatta vedere e sia da collocare in una zona da definire». In maniera unanime, viene considerata «inopportuna la collocazione in piazza Vittoria, onde non rinfocolare polemiche che ne hanno accompagnato l’esposizione fin dall’inizio degli anni Trenta».
Il testo continua sottolineando che «contemporaneamente bisognerebbe lavorare su una scultura moderna, alternativa, da mettere in piazza Vittoria». Su questo punto, però, Gormley si è messo da solo fuori gioco. Bisognerà cercare la disponibilità di altri artisti. In ogni caso dovrebbe «essere fatta da uno scultore importante; essere fabbricata a Brescia per avere un legame con la città più forte; essere finanziata da un privato o da un ente; rimanere di proprietà dell'artista, salvo donazioni; essere una scultura figurativa».
E il Bigio? Per i saggi potrebbe essere progettato un «Parco delle sculture in zona Castello o in altra zona, in concomitanza con l’esposizione dell’opera di Dazzi».
Tutto chiaro? Circa. Di sicuro il discorso si complica: va trovata una nuova statua per piazza Vittoria, va trovata una casa per L’Era fascista, gli va costruito attorno un parco delle statue (quali? con quali soldi?). Manca a questo punto il responso della Giunta: dopo i saggi, l’amministrazione Del Bono è chiamata superare le divisioni (soprattutto tra sindaco e vicesindaco) e a trovare una posizione che chiuda la lunghissima querelle, tra Bigio sì, Bigio no, Bigio forse e Bigio basta.
Emanuele Galesi
e.galesi@giornaledibrescia.it
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