Nicoli si difende: «Non tangente, ma soldi miei»

Franco Nicoli Cristiani, in carcere dal 30 novembre con l’accusa di corruzione, si è difeso davanti al Pm.
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L’ex vicepresidente del consiglio regionale lombardo, Franco Nicoli Cristiani, in carcere dallo scorso 30 novembre con l’accusa di corruzione, è stato interrogato lunedì mattina per circa quattro ore dal pm di Milano Paolo Filippini. Nicoli, secondo le prime informazioni, avrebbe continuato a difendersi, sostenendo che quei 100 mila euro in contanti che gli sono stati trovati in casa non sarebbero una tangente, ma soldi di sua proprietà.

Nicoli Cristiani, secondo l’accusa, avrebbe intascato una mazzetta da 100 mila euro dall’imprenditore Pierluca Locatelli per accelerare le autorizzazioni per la cava di Cappella Cantone nel Cremonese, da trasformare in discarica d’amianto.

Nelle scorse settimane, dalle indagini del pm Filippini e dell’aggiunto Alfredo Robledo (che avevano ricevuto per competenza le carte dalla Procura di Brescia che indaga su un traffico di rifiuti), era emerso poi che quei 100 mila euro trovati in casa del politico non sarebbero gli stessi che gli avrebbe versato Locatelli.

Da qui l'ombra di una seconda tangente intascata dall’ex vicepresidente del consiglio regionale, sui cui gli inquirenti - che hanno già sentito a verbale Locatelli, la moglie, e un funzionario dell’Arpa che avrebbe fatto da intermediario - stanno compiendo accertamenti.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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