Neonato morto al Civile, «accertare le responsabilità»
Hanno perso un figlio e ora lottano accanto al gemellino che sta lentamente migliorando. Anche ieri i genitori di Paolo, il neonato morto agli Spedali civili di Brescia a causa del batterio Serratia marcescens, sono tornati nel reparto di terapia intensiva neonatale per assistere al loro secondo bimbo, nato prematuramente da una parte gemellare a fine giugno. Lui e il fratellino avevano solo sei mesi quando sono venuti alla luce e il quadro clinico era stato definito critico fin dall'inizio.
La situazione è poi peggiorata il 20 luglio quando il piccolo Paolo ha contratto il batterio killer con altri due neonati. «Sembrava in condizioni stabili poi all'improvviso è peggiorato. Abbiamo intrapreso la terapia ma non ce l'ha fatta», ha spiegato il professor Gaetano Chirico, primario del reparto di terapia intensiva neonatale dell'ospedale bresciano che ora è stato chiuso all'accesso di nuovi pazienti «così da poter progressivamente liberare gli ambienti di degenza e procedere ad una loro ulteriore radicale bonifica», fa sapere la direzione del Civile.
Questo perché i casi complessivamente dal 20 luglio scorso ad oggi sono stati dieci, compreso il gemellino della vittima che è ancora in fase di cura con altri cinque neonati. Quattro invece i bambini dimessi dopo essere stati sottoposti a terapia antibiotica.
«La famiglia preferisce non rilasciare dichiarazioni», fa sapere l'avvocato Chantal Frigerio, legale dei genitori del neonato. «Provano un grande dolore. Non rabbia e nemmeno accanimento, solo dolore», aggiunge l'avvocato bresciano. «Vogliono sapere perché è accaduto e se ci sono responsabilità».
Probabilmente già oggi sarà eseguita l'autopsia sul corpo del bambino come disposto dalla Procura di Brescia che ha aperto un'inchiesta contro ignoti. Regione Lombardia ha invece stabilito che sarà una commissione interna ad indagare sulle procedure adottate dagli Spedali Civili dopo aver scoperto la presenza del focolaio epidemico provocato dal batterio Serratia marcescens, caratterizzato da tre casi di sepsi neonatale, un'infezione delle vie urinarie e sei casi di colonizzazione.
«Siamo alla ricerca del focolaio originario dell'infezione, ma non siamo certi di trovarlo», ha spiegato il primario del reparto di terapia intensiva degli Spedali civili Gaetano Chirico. «Si tratta - ha aggiunto - di un batterio molto diffuso».
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