Nel nostro italiano c'è troppo inglese, really

Lo sostiene l'Accademia della Crusca, che ha bacchettato la ministra Fedeli per l'uso di termini inglesi in un documento del Miur
L'Accademia della Crusca
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Lavorando soprattutto sul web, mi capita magari di embeddare un post all'interno di un pezzo, inserendo anche link che rimandino ad altri articoli online. Se scordo di indicare il copyright delle foto - capita, lo ammetto - rimedio indicandolo nella byline. Per i dimenticoni come me, ci vorrebbe un alert. 

Giusto una settimana fa, ho intervistato una project manager che mi suggeriva di sentire anche il ceo della sua azienda per completezza, «intanto se vuoi ti mando un brief sull'argomento», ha aggiunto. Sapete, ha da poco lanciato un crowdfunding per sostenere un rally avventuroso e solidale. Non so ancora se farò una donazione, intanto ho messo un like alla sua pagina. 

Tra poco temo di dovere andare: sta finendo lo spazio e poi è arrivata in redazione una breaking news. Speriamo non sia fake, tra l'altro. E speriamo pure che non mi legga l'Accademia della Crusca: così zuccherosa quando si tratta di giudicare petaloso, ma poi ti bastona se abusi con l'anglismo. Nel corso degli anni gli interventi contro la corruzione linguistica si sono succeduti con una certa regolarità. Dalle critiche alla stepchild adoption (si dice adozione del configlio, sentenziavano i cruscanti) alla gioia per la bocciatura dei corsi in inglese al Politecnico di Milano. Fino alla ministra Fedeli, bocciata nei giorni scorsi per un team building di troppo in un documento del Miur. Faithful, in caso, senza «s» in fondo perché in italiano non ci va.

 

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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