Nel cuore di Brescia, lungo i fiumi della storia

Brescia Underground esplora le acque sotterranee del centro storico, sulle tracce di un passato sommerso.
AA

La città vista da sotto pare un immenso scrigno di storia. Quella che affiora dal reticolo infinito di fiumi, rogge, ponti-canale, partitori e rivoli che sono l'impronta di un passato lontano ma non perduto. Solo difficile a vedersi dalla superficie. Problema superato per i venti avventurosi e determinatissimi esploratori di «Brescia Underground», l'associazione nata nel 2006 dalla passione per un mondo tutto da ritrovare. Quello in cui il centro storico della Leonessa pullulava di mulini, concerie, lavatoi. Ma in cui non mancano resti di un ponte romano - proprio sotto la Loggetta - e persino un laghetto, che si apriva ove ora insiste largo Formentone.

Una sintesi incompleta potrebbe far dire che «alzi un tombino e scopri un tesoro». Eppure è iniziata proprio così l'avventura nel sottosuolo cittadino di Andrea Busi, 30 anni, grafico di professione e cultore delle mirabilia ipogee per passione, Mattia Lodrini, Marco Gussoni («lo storico del gruppo») e gli altri esploratori degli abissi della città. «Invece di andare a bere con gli amici, la sera andavamo in giro a vedere cosa c'era sotto i tombini» racconta Andrea, presidente del sodalizio. Non prima di aver divorato libri e documenti tra Queriniana e Archivio di Stato. «Ma a quanto descritto dagli storici nei libri volevamo trovare conferma sul campo. Per un paio d'anni ho insistito perché il Comune ci lasciasse accedere come si deve a questa rete sotterranea. Quando hanno visto la nostra determinazione ci hanno dato il via libera e un piccolo sostegno, con la Provincia, per diventare associazione».

La prima in qualche modo a livello nazionale che è arrivata persino a organizzare visite guidate in fiumi ipogei («in quattro anni abbiamo contato 10mila presenze»), «perché il nostro obiettivo è rendere fruibile a tutti e valorizzare un patrimonio storico straordinario» sottolinea Busi. Quello costituito dal dedalo delle acque di Garza, Garzetta, Bova, Celato, Dragone, Molin del Brolo - per citare i più noti tra i non meno di 13 fiumi che scorrono sotto i nostri piedi in centro - e dal mondo che vi si affacciava quando scorrevano almeno in parte alla luce del sole (la conformazione di via S. Faustino é la testimonianza più eloquente di ciò). Da allora, gli indagatori dell'«underground» hanno esplorato circa sette chilometri di sottosuolo cittadino. «L'attrezzatura? All'inizio rudimentale: tute, guanti, gambali, caschi e per illuminare - il buio è il nostro grande nemico - una batteria d'auto da 16 kg nello zaino collegata agli antinebbia dell'auto di mio papà» racconta Andrea Busi, nato e cresciuto in quel centro città che conosce come le sue tasche, sopra e sotto il piano stradale. «Poi sono arrivati gli sponsor che ci hanno fornito torce professionali. Ma lavoriamo moltissimo di fotografia: il nostro scopo è documentare tutto».

Mirabili le foto che innumerevoli campeggiano sul sito www.bresciaunderground.it. Ma ad esse si accompagnano i rilievi «che abbiamo appreso a fare da altri gruppi che già operavano a Milano e Roma». Tanto da averne eseguiti per il Comune, o, come ora, per l'Università degli Studi: «Abbiamo percorso 700 metri del fiume Dragone sotto la sede di Giurisprudenza, alias Palazzo Calini ai Fiumi (un nome eloquente, ndr) sotto cui abbiamo individuato il ponte-canale col quale il Bova intersecava il Dragone stesso». E lì come lungo gli altri corsi d'acqua interrati artificialmente nei secoli riaffiora il passato.
C'è la storia e ci sono le storie. Come quelle lontane di lavandaie che avevano accesso ai fiumi da porte ad hoc nelle cantine delle case: «Ne vediamo tante tamponate passando dai fiumi, una l'abbiamo ritrovata in un palazzo di via Battaglie integra, in una stanza dietro una cantina che neppure il proprietario sapeva esistere». Pochi gradini e il fiume di turno, fosse Bova, Garza o Celato, era lì pronto per i panni. O le storie dei conciatori (i più noti i Pollini, i Pulì dell'omonima «Curt») che in Rua Confettora avevano, come rivela il nome, le loro botteghe, per i quali l'acqua era indispensabile. O quelle più recenti quali quelle dei «sette uomini d'oro» che negli Anni '70 risalendo i fiumi sotterranei tentarono di dare l'assalto al caveau di una banca armati di lancia termica.

I condotti - «a volte solo 50 centimetri sotto il manto stradale, tanto che senti i passi di chi cammina, a volte inglobati tra le cantine, altre fino a sette metri in profondità - rivelano però anche perle dell'antichità. «I pezzi forti? Un ponte medievale a sud della Loggia e quello romano - il più antico urbano di Brescia -, 7,5 metri per 2,5, ancora lì, candido, sotto largo Formentone». A pochi passi da quel laghetto (documentato in una tela del Ferrari) ultima fatica di Brescia Underground: «Era di 16 metri per 7, sovrastato da un piccolo molo in pietra cui si affacciavano le lavandaie: proprio quello che stiamo cercando di individuare». Con metodo e un bagaglio d'esperienza che cresce, ma fedeli alla parola d'ordine: «avventura».
Gianluca Gallinari

Per saperne di più
www.bresciaunderground.it
www.bresciaunderground.com

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Condividi l'articolo

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

Argomenti