Nel Bresciano mille «codici rossi» all'anno per casi di violenza di genere
«Per quanto riguarda il codice rosso Brescia viene subito dopo le grandi realtà metropolitane»: lo ha detto stamattina Silvio Bonfigli, procuratore aggiunto della procura di Brescia, al convegno «Noli me tangere - Gli interventi nei casi di violenza di genere» dell'Università Cattolica di Brescia.
I numeri sono impressionanti: tra il 2019 e il 2022 sono stati 4.129 i codici rossi seguiti dalla procura, circa 1.100 all'anno, ad esclusione degli anni segnato dai lockdown e dalle limitazioni per il Covid. Di questi casi circa la metà vengono archiviati, la stessa media dei casi totali della Procura. In via Lattanzio Gambara c'è una squadra dedicata, il Dipartimento soggetti deboli con un organico di 6 magistrati. Nel Bresciano i reati più frequenti previsti dal codice rosso sono, nell'ordine, i maltrattamenti, lo stalking e la violenza sessuale.
Alla giornata di studi hanno partecipato, oltre al procuratore, chi si occupa delle vittime, medici, psicologi e centri antiviolenza. Ognuno ha portato la propria esperienza, le prassi e le proposte. La consigliera regionale di parità Annamaria Gandolfi ha per prima proposto che l'abusante venga preso in carico dalle Ats per un percorso verificato, personalizzato, e che non partecipi solo a 10 incontri obbligatori per firmare e avere lo sconto di pena. Idea condivisa anche da Bonfigli e Viviana Cassini di Casa delle donne. Altra proposta emersa quella di evitare alle donne di abbandonare la propria casa.
La dottoressa Giussy Barbara ha parlato del codice rosa, delle accortezze che gli operatori del pronto soccorso mettono in atto per capire, accogliere, accompagnare le donne vittime di violenza. «La violenza sulle donne - ha detto - è anche un problema di salute per le conseguenze che porta, sia fisiche che psicologiche».
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