Nel Bresciano 190mila contagiati e 2800 morti legati al Covid-19
Se siamo a metà strada, all'inizio o alla fine dell'emergenza, solo il tempo lo potrà dire. A sei settimane dal primo caso di coronavirus registrato in Lombardia possiamo però avere, forse per la prima volta, un quadro un po' più chiaro di quello che sta succedendo.
Abbiamo imparato a conoscere i vari tipi di mascherine, abbiamo conosciuto da vicino pur senza mai entrarci i reparti di terapia intensiva dei nostri ospedali, abbiamo ascoltato esperti e scienziati che giorno dopo giorno hanno provato a spiegarci cosa sta succedendo.
Abbiamo avuto e probabilmente abbiamo paura, chiusi nelle nostre case, con la vita stravolta, a piangere i nostri morti da lontano, ad ascoltare sirene e scrutare elicotteri. Abbiamo visto l'esercito uscire dalla città con camion carichi di morti.
In questa tempesta abbiamo avuto poche bussole, ci siamo affidati ai bollettini dispensati da Regione Lombardia e Protezione civile. Ma ora, alla fine di un mese, marzo 2020, che ci ha indiscutibilmente segnati, possiamo dire di avere finalmente un quadro un po' più chiaro di cosa sia questa epidemia da coronavirus.
Leggere i numeri, quelli reali, dei morti in provincia di Brescia non è stato facile. Ma è stato utile. Grazie alle anagrafi dei comuni (manca solo il dato di Marone) abbiamo stabilito che i morti nel Bresciano nel mese di marzo del 2020 sono stati 3.854. La media dei decessi calcolata sullo stesso periodo del 2017, 2018 e 2019 è 1038. I «morti in eccesso», per dirla con gli esperti di analisi, sono 2816. Secondo i dati delle Ats di Brescia e della Montagna, competente per Valle Camonica e Sebino, dicono che le persone morte con un tampone positivo per il Sars-CoV-2 sono 1349.
«Dal momento che non ci sono altre cause concomitanti in grado di spiegare questo eccesso di mortalità - ha spiegato Francesco Donato, professore di Epidemiologia all'Università Statale di Brescia -, si può dire che sia riconducibile al Covid-19».
I morti riconducibili al coronavirus nella nostra provincia, dunque, sono più del doppio rispetto a quelli riportati fino ad ora nei bollettini ufficiali. I sindaci di molti comuni lo hanno ripetuto in queste settimane, i numeri ora lo confermano.
Numeri su cui si basa la ricerca che il Giornale di Brescia ha svolto con InTwig, società di analisi bergamasca che purtroppo ha analizzato dati ancor più drammatici circa le vittime da coronavirus.
«La stima dei contagiati nasce sulla base dei decessi in più registrati a marzo 2020 rispetto alle stesso periodo dello scorso anno - spiega Aldo Cristadoro, amministratore di InTwig e professore di Metodi digitali presso Università degli Studi di Bergamo -. Gli studi svolti in Cina sul Sars-CoV-2 dicono che ogni mille persone contagiate, 15 muoiono».
Il risultato dice che nel Bresciano i contagiati sarebbero circa 190mila, ossia una persona su sei. I numeri odierni forniti dall'assessore regionale Gallera assegnano alla nostra provincia 9mila tamponi positivi.
InTwig ha anche suddiviso la nostra provincia in 13 ambiti, calcolando per ognuno la percentuale stimata di persone contagiate sulla popolazione residente. Balzano subito all’occhio l’Ovest Bresciano, il Monte Orfano, la Bassa Occidentale e quella Centrale: tutte hanno una percentuale superiore al 20%. Qui insomma, secondo lo studio, almeno un bresciano ogni quattro ha contratto il coronavirus. Poco distante c’è il Sebino.
La geografia dei numeri del contagio ci dice dunque quali sono le zone più esposte: «C’è un grande epicentro a cavallo tra le province di Brescia, Bergamo e Lodi - conclude Cristadoro -, i dati ci dicono questo. Anche quanto accaduto sulla sponda bresciana del lago d’Iseo è coerente con quanto accaduto sulla sponda bergamasca».
Brescia città, invece, pur con un numero impressionante di vittime (495 nel marzo 2020 contro le 195 del marzo 2019), sembra comunque aver sofferto meno dell'Ovest Bresciano e del Sebino. Merito delle restrizioni arrivate più velocemente della corsa del virus attraverso la provincia.
«L'interruzione della catena del contagio - ha ribadito ancora una volta il professor Donato - è fondamentale. Quello che stiamo facendo è coerente e in linea con le disposizioni internazionali».
Quanto ancora dureranno le restrizioni è difficile a dirsi. Se siamo all'inizio, alla fine, o metà dell'emergenza lo dirà solo il tempo.
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