Negozi chiusi e non solo: l'agonia di corso Mameli

Un tempo, fino al 1909, si chiamava vicolo delle Mercanzie per sottolineare la sua vocazione commerciale. Nella strada, tra le più frequentate di Brescia, si scambiavano merci e denaro, ma anche esperienze e storie di vita, simbolo di una socialità intensa e popolare. Oggi corso Goffredo Mameli è un budello semivuoto, un luogo senz'anima, un semplice passaggio fra Largo Formentone e corso Garibaldi, da percorrere in fretta per cacciare il magone. «Poco e male frequentato», commenta uno dei negozianti rimasti («Non so quanto resisto ancora: si paga e non si incassa...»).
Cominciamo da questi paraggi il nostro viaggio nel centro del cuore cittadino, fra i vicoli e le strade che disegnano una delle parti più antiche e suggestive di Brescia dal punto di vista urbano e sociale, fra corsetto S. Agata, via S. Faustino e via delle Grazie, via Fratelli Bandiera e corso Garibaldi. Nelle prossime puntate andremo in altre zone, sempre del centro storico. Con lo sguardo rivolto ai vecchi muri, prendendo nota di edifici vuoti, palazzi malmessi, immobili alti e stretti come torri appiccicati l'uno all'altro secondo l'impronta medioevale. Molti con i cartelli vendesi o affittasi, altri semplicemente abbandonati a se stessi. Il cuore malato della città.
Non è un censimento. Piuttosto la fotografia di un degrado, che la crisi economica ha accentuato: negozi chiusi, immobili invenduti, ristrutturazioni ferme per il collasso dell'edilizia e l'eccesso di alloggi sul mercato. Ci sono delle eccezioni naturalmente, ad esempio l'intervento in via Marsala-via Capriolo (ne parleremo nella prossima puntata). Ma interi isolati e pezzi di strade sono vuoti, in attesa di cura e destinazione. Molti altri in vendita. Cubature emormi, inutilizzate.
Avviamoci, dunque, in corso Mameli. Le mercanzie sono un ricordo. Di fronte a «Buonissimo» è subito uno stillicidio di negozi: al 2M le vetrine sono tappezzate dai manifesti di una liquidazione per cessata attività; al 2T serranda abbassata, al 2T locali vuoti, per l'affitto o la vendita. Pochi passi e sotto l'involto che introduce all'affascinante cortiletto medioevale, sulla vetrata del 22A c'è il solito cartello: vendesi, per ufficio o negozio. L'immobile è stato sistemato da poco, ma i soliti stupidi hanno già provveduto ad imbrattare il muro.
Più avanti, al 26A, nuova porta chiusa: non solo il negozio al pianoterra, ma tutto l'edificio malmesso è un guscio senza inquilini. Al 34 luci spente in un caffè; al 42C, dopo la fontana S. Giovanni, saracinesca serrata; lo stesso al 49, mentre sulle vetrine deserte del 50 si legge affittasi: niente più Gossip della moda italiana. Lucchetto sulla porta dell'Outlet del kasalingo al 54; negozio trasferito e intero stabile di cinque piani disponibile al 55B (vendesi/affittasi, annuncia il cartello); affittasi il locale vuoto al 58A, idem quello al civico 60A. Due saracinesche giù anche al 61A. Una malinconia, un degrado progressivo dilatatosi col tempo, nonostante la pedonalizzazione dall'estate 2011.
A fondo strada, quasi di fronte alla Pallata, l'ultimo segno di decadenza. Al 64 si alza uno stretto edificio, bisognoso di sostanziosa ristrutturazione. È anch'esso in vendita. Specchio di una via in disarmo, che ha smarrito l'identità. Dove la gente passa veloce, senza voglia di fermarsi.
Enrico Mirani
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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