Natale riesce a far spuntare radici anche dove noi non vediamo nulla
Dicembre è un mese accelerato, c’è tensione nell’aria, sta per consumarsi il dramma del Natale, lo si avverte nei discorsi e sul lavoro fin dai primi giorni. L’umanità sembra entrare in una centrifuga che la shakera e restituisce dopo l’Epifania, insieme a un sospiro di sollievo. È come se questa non fosse una giornata, ma un crinale che divide l’anno fra il prima e il dopo oggi.
Il perché l’ho capito il mese scorso a Malta, una terra sferzata dal vento e abbracciata dal blu inchiostro del mare, uno Stato che filodiffonde musica per le strade addobbate, una Repubblica con 359 chiese attive su 315 chilometri quadrati di superficie, un territorio dalla profonda tradizione cattolica caratterizzato da un’economia avanzata e da grande religiosità ma, mio sentore, da assenza di spiritualità. A Malta manca il cuore, un po’ come nella finzione di certi Natali (che non si vede l’ora che passino) tesi nell’allestimento di un palcoscenico dove si consumerà un evento troppo grande per trovar spazio nella piccolezza dei cuori umani, ma l’organizzazione del quale, nella cura della cornice di musiche e regali, nei sorrisi pitturati in volto e nelle parole di circostanza, potrà stemperare l’inconscio disagio dato dal non senso di tutto ciò.
Non sono certa che la frenesia che si respira venga dall’obbligato e non sempre piacevole ritrovarsi fra parenti, dall’impotenza delle assenze volontarie incancrenite dal tempo e da quelle involontarie di chi ha «cambiato abito», io penso sia dovuta all’inconscia percezione di non avere ancora trovato il senso della propria vita e che Natale ce la sbatta in faccia, questa voragine interiore, mentre noi ci giriamo dall’altra parte in cerca di strenne, renne e rendez-vous «per farci gli auguri»... che tutto questo passi presto, forse. Possiamo continuare a scappare oppure sfrondare questa festività dai fronzoli e dare un senso al nostro essere nati con un fine: portare l’Amore nel mondo. Troppo?
E se quel Bimbo nella mangiatoia ci parlasse della nostra rinascita e del nostro essere sulla Terra per recuperare Regalità e ricordarci Chi Siamo? Quale migliore occasione di questo Natale per bruciare il vecchiume che ci appesantisce, per lasciar andare i pesi che ci portiamo dentro e per mettere nel piatto la nostra intenzione di ripartire condita con la volontà di illuminare le nostre zone d’ombra e, con i familiari, gli amici o i quasi sconosciuti che avremo intorno, scoperchiare i cuori e dare finalmente i natali a questo Natale? Noi possiamo trasformarci da boe ancorate a blocchi di rancore, in barchette leggere libere di muoversi nell’immensità oceanica. Ce lo meritiamo perché siamo uomini con un cuore, non boe di plastica che, gira che ti rigira, sono sempre nello stesso punto.
Natale fa spuntare radici anche laddove noi non vediamo nulla e ci regala, sotto un albero che senza radici è già morto, una cesoia fiammante con un fiocco rosso. Possiamo usarla per troncare le catene che ci imprigionano da troppo tempo e per salpare verso il senso autentico della vita. Basta il nostro assoluto «Sì». Il resto succede da sé. E Natale di rinascita sia! Di mare. Di tagli. Di verità. Di leggerezza.
Buon vento!
@Buongiorno Brescia
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