Nascita, vita, disavventure e caduta: tutta la vicenda del Bigio, dall'inizio
La vicenda del Bigio parte dall'agosto del 1931. Sulla sua figura si sono scatenate polemiche, proposte e un vivace dibattito pubblico arrivato fino ai giorni nostri. Sette metri e cinquanta centimetri di altezza, scolpito nel marmo di Carrara da Arturo Dazzi nel 1932: lo stile del Bigio è rappresentativo dell'arte del periodo, dai lineamenti solidi e geometrici. Un giovane nudo, dallo sguardo fiero, un braccio poggiato sul fianco e l'altro steso lungo il corpo. Collocato in origine in piazza Vittoria, assumeva un preciso valore simbolico e poggiava su un ampio basamento di forma esagonale, largo 13 metri.
Le origini
L'idea di collocare un nucleo figurativo nel piazzale nasce dall'architetto Marcello Piacentini nelle prime fasi progettuali della nuova piazza. Si pensa inizialmente ad una fontana, che poi verrà spostata sul lato ovest. Si concretizza quindi l'idea di una statua «colossale», dalla figura dominante. Scartata la Vittoria Alata, si punta a un soggetto che possa trasmettere la modernità e la nuova epoca, caratterizzata da precisi ideali sociali e politici.
Le prime proposte di Dazzi arrivano al Comune di Brescia nell'estate del 1931. La scultura, alta sette metri e mezzo, avrebbe dovuto rappresentare la «Giovinezza d'Italia», in cui sarebbero confluiti elementi di incitamento alla crescita demografica, allo sport e all'addestramento militare.
La realizzazione
Dal 15 giugno al 25 settembre del 1932 Dazzi i lavora su un blocco di marmo di Carrara da 52 tonnellate, estraendo una statua da 20 tonnellate. Il viaggio da Seravezza (Forte dei Marmi) a Brescia dura una settimana, con un ostacolo: un sottopassaggio troppo basso. Per garantire il trasporto della statua, si scaverà il piano stradale per otto metri. Il 24 settembre 1932 il Bigio viene tolto dalla sua struttura protettiva in legno e viene issato sulla fontana in marmo di Botticino raggiungendo, a seconda delle fonti, un'altezza di nove o dieci metri. Lo scultore Dazzi riceve come compenso 300mila lire.
Mussolini aveva visionato la scultura solo in fotografia, ma l'aveva già inquadrata come simbolo dell'Era Fascista. Solo nel novembre del 1932 potrà vederla dal vivo, durante la cerimonia di inaugurazione di piazza Vittoria. «È potente!» avrebbe commentato. Fu presto soprannominata «Bigio», di colore grigio, perché realizzata in marmo bigio.
Gli strali del vescovo
I primi dissensi, di natura morale, arrivano dal vescovo Giacinto Gaggia, perché il colosso è completamente nudo, con i genitali scoperti. Gaggia chiede ai genitori di tenere lontani i bambini dalla piazza, a causa di una raffigurazione che trasmette poca pudicizia e innocenza. Si tenta di risolvere alla mancanza di decoro con l'applicazione di una foglia di vite in alluminio sulle parti intime. Il gesto susciterà ancora più polemiche, assieme alla presenza sulla statua di scheggiature ritoccate con lo stucco. Per il podestà Fausto Lechi, la scarsa verniciatura della foglia di vite risalta ancora di più la parte «scabrosa» della statua.
La goliardia si estende anche al popolo: il Caffè Impero viene soprannominato «café dele ciàpe», a causa della vista sui posteriori del Bigio visibile dal locale. La statua, che avrebbe dovuto rappresentare il coraggio e la potenza dell'era fascista, è oggetto di derisioni, critiche morali e formali.
La rimozione
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, la statua viene presa di mira anche dagli oppositori del regime, che posizionano per due notti alcune cariche di dinamite alla base del Bigio. Le eplosioni tranciano una gamba, un braccio e parte della foglia di vite. Il colosso viene rimosso definitivamente il 12 ottobre del 1945: viene trasferito nel magazzino comunale di via Rose di Sotto 12/c, dove si troverebbe tuttora. L’indomani il Giornale di Brescia informava che «in via Rose si trova l’illacrimata sepoltura del Bigio».
Proposte, promesse, proteste
Dopo la rimozione, seguono più di 70 anni di dibattito generale. Le voci su di un possibile ritorno circolano già dal 1953, ma nulla è messo in pratica. Si parla di una ricollocazione nel 1970, con la progettazione del parcheggio sotterraneo in piazza Vittoria, ma ancora una volta non succede nulla. Nel 1984 il Comune propone di mettere il colosso all'asta, ma l'idea naufraga. Nel 1995 viso e collo del Bigio vengono imbrattati di vernice rossa. Qualche anno dopo, nel 2006, l'assessore ai Lavori pubblici di Mazzano chiede di ottenere la statua per porla davanti al municipio del suo comune, ma la richiesta verrà rigettata.
La ripresa del dibattito
Nel 2011, il vasto programma di riqualificazione della piazza fa pensare a un possibile ricollocamento. L'ipotesi è rinforzata dal ripristino di un'altra statua perduta, la «Lodoiga», che viene riportata dopo 100 anni sotto il porticato di piazza della Loggia.
La giunta del sindaco Adriano Paroli nel 2013 avvia il restauro del colosso, in occasione dell'apertura della fermata metropolitana della piazza, chiamata «Vittoria». Partono quindi i complicati lavori di restauro da parte di esperti e di studenti. Nel frattempo, a Paroli giungono 1735 firme di cittadini bresciani contrari alla ricollocazione della statua. La protesta non viene accolta: «Guai a pensare che rimettere una statua possa ridare dignità al fascismo. Faremo di tutto perché non sia così» commenta Paroli.
Il dissenso è guidato dall'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia e dalle Fiamme Verdi. Fa rumore anche il costo del restauro della piazza, che si aggirerebbe attorno ai 400mila e 500mila euro - di questi per il restauro della statua il costo totale è di 180mila euro.
Le vicende del 2013
ANPI e Fiamme Verdi proseguono la protesta contro la ricollocazione, presentando una petizione che viene respinta. Il completamento dei lavori di restauro viene rimandato per decisione dello stesso Paroli, scegliendo di limitare il dibattito nell'ambito delle elezioni amministrative e per rispetto della festività del 25 aprile, così come per portare rispetto alle vittime di piazza della Loggia.
Gli ultimi anni
Nel corso del 2015 e del 2017 si pensa all'ipotesi di referendum per stabilire il destino del Bigio. Nel frattempo, scatena polemiche la dichiarazione di Massimo Minini, allora presidente della Fondazione Brescia Musei: «Il Bigio andava distrutto».
Nel 2018 la giunta comunale di Del Bono cerca di superare le divisioni sul tema. Per la commissione Cultura il Bigio andrebbe tolto dal magazzino di via Rose, per essere ricollocato in sede museale. Sembra ormai certo che la statua uscirà dal deposito. Tra le ipotesi di collocazione la Crocera di San Luca, il ritorno in piazza in una posizione sdraiata, e una ricollocazione al Vittoriale degli italiani.
Quel che resta oggi
Il dibattito torna oggi sulla scena col centrodestra che proporrebbe una ricollocazione della struttura guidata da una Commissione di esperti. Emblematico è il commento del critico d'arte Vittorio Sgarbi sulla stele di Mimmo Paladino: «Il finto Bigio in piazza della Vittoria fa oggettivamente schifo».
@Buongiorno Brescia
La newsletter del mattino, per iniziare la giornata sapendo che aria tira in città, provincia e non solo.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato