Muore durante l'intervento, otto medici indagati
Insufficiente la diagnosi. Sbagliato l’intervento. Non hanno dubbi i consulenti a cui si è rivolto il pm Carlo Pappalardo per fare chiarezza sul decesso di Lorenzo Tomarchio, l’uomo di Trenzano entrato con il pollice alzato in sala operatoria alla Poliambulanza il 29 dicembre dello scorso anno e morto durante l’intervento per l’asportazione di un tumore al rene.
Per il dott. Vito Cirielli e il prof. Giulio Mazzilli, il 59enne padre di tre figli e nonno di altrettanti nipoti è morto per shock emorragico causato dalla rottura «iatrogena» (ovvero causata dal medico) di un’arteria mesenterica superiore, avvenuta durante l’intervento eseguito dall’oggi al domani per il quale 8 medici (sei di urologia e due anestesisti) ora rischiano il processo per omicidio colposo.
I consulenti hanno ravvisato profili di negligenza da parte del chirurgo e del suo staff per non aver provveduto a fare una biopsia e non aver meglio indagato la massa retroperitoneale, nonostante il consiglio del radiologo di effettuare una Pet e quello dell’endocrinologo di effettuare dosaggi ematici per definire la natura del tumore prima di agire in sala operatoria. Per i consulenti vi sono anche profili di imprudenza nell’esecuzione dell’intervento.
A dieci mesi da quella eterna giornata vissuta fuori dalla sala operatoria in cerca di risposte a tutti i loro perché Letizia, Francesco e Simona Tomarchio hanno trovato nella consulenza conforto ai loro sospetti. «Nessuno ci ridarà nostro papà. Anche per questo vogliamo verità e giustizia» hanno detto i tre figli del 59enne che con la madre e l’aiuto dell’avvocato Gianbattista Scalvi hanno intrapreso una lunga battaglia legale.
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