Movida e Loggia condannata: «Ricorso, oggi non è più così»
Danni biologici e patrimoniali causati dagli schiamazzi notturni. Quantificati dal giudice in 50mila euro. Tanti ne dovrà risarcire il Comune di Brescia ad una coppia di residenti del Carmine. Lo ha sancito con una sentenza il tribunale civile che ha dato ragione ai due cittadini che nel 2014 avevano denunciato l’amministrazione colpevole di non riuscire a placare la movida dello storico quartiere cittadino.
A lamentare i troppi schiamazzi primo su tutti è stato Gianfranco Paroli, fratello dell’ex sindaco Adriano, che proprio durante l’amministrazione di quest’ultimo ha imbastito la causa contro il Comune: tanto che le rilevazioni acustiche che hanno portato alla sentenza risalgono al 2012. Secondo il magistrato Chiara D’Ambrosio «c’è stata carenza di diligenza da parte del Comune che non avrebbe adottato le misure idonee a fa cessare i rumori molesti. Per questo deve pagare.
Una sentenza che non convince palazzo Loggia. A sottolinearlo a chiare lettere è l'assessore alla Sicurezza e Rigenerazione urbana Valter Muchetti: «Oggi le cose sono certamente molto diverse: ragione per la quale la giunta ha già deliberato il ricorso in appello. Quando siamo arrivati nel 2013 abbiamo infatti varato misure molto concrete. Prima di tutto un'ordinanza sindacale contingibile e urgente che obbliga gli esercenti a chiudere ad un certo orario. Al Carmine da anni i locali chiudono prima degli altri».
Non solo. Al quartiere Carmine anche la vendita di alcolici da asporto è vietata dopo le 20 in determinati periodi dell’anno. Il problema non è stato trascurato insistono dall’amministrazione ed è stato fatto quanto si poteva.
La Loggia insomma rifiuta, per voce di Muchetti, l'accusa di inadempienza: «Abbiamo introdotto sanzioni da parte della Polizia Locale, abbiamo portato in Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica questo problema - perché sappiamo che è un problema. Ma è giusto far convivere le esigenze dei residenti che devono dormire con quelle degli esercenti che devono fare il cassetto».
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