Morta dopo l'asportazione del neo, la Procura fa ricorso in appello
Il sostituto procuratore di Genova, Gabriella Dotto, ha presentato ricorso in appello contro la sentenza di condanna in primo grado per la morte di Roberta Repetto, deceduta nell'ottobre del 2020 per un tumore dopo l’asportazione di un neo avvenuta sul tavolo della cucina del centro olistico Anidra di Borzonasca, in Liguria. Ne dà notizia il sito web d’informazione Genova24.
La donna era stata operata senza anestesia e senza essere sottoposta a nessun successivo esame istologico. Il medico bresciano Paolo Oneda e il «santone» Paolo Bendinelli erano stati condannati lo scorso febbraio in rito abbreviato a tre anni e quattro mesi per omicidio colposo. Il giudice per l'udienza preliminare Alberto Lippini aveva inotre assolto Bendinelli delle accuse di violenza sessuale e circonvenzione di incapace. Nell’ambito dello stesso processo era stata pure assolta Paola Dora, psicologa bresciana e fidanzata di Paolo Oneda, anche lei accusata di omicidio volontario.
La procura, che aveva chiesto condanne più pesanti, presenta ora ricorso sostenendo esista una profonda contraddizione tra l’«l’incredibile sottovalutazione del rischio da parte dei due imputati, nonostante i ripetuti segnali proveniente dalla Repetto circa le sue condizioni di salute». Per il pm Gabriella Dotti, Oneda che è medico non poteva non essere a conoscenza del «grandissimo rischio al quale la paziente era stata esposta per l’assenza dell’esame istologico» e gli contesta anche un travisamento dei fatti. Nelle 69 pagine di motivazioni della sentenza, il giudice riporta che il medico avrebbe «cambiato atteggiamento di fronte alle gravissime condizioni in si trovò Repetto» e le avrebbe consigliato di andare in ospedale. Questa condotta però, secondo la pm, è in plateale contraddizione con le «prove acquisite nel processo, prime tra tutti le dichiarazioni dei famigliari» della vittima.Per la procura, «gli imputati hanno evitato consapevolmente» di esortare Roberta Repetto a sottoporsi ad approfondimenti medici: un’«intensificazione nel tempo del dolo». Non solo: «Dopo il decesso l’unico vero obiettivo che ha mosso gli imputati è sempre stato quello di evitare il loro coinvolgimento anche tacendo l’esistenza dell’intervento chirurgico e tentando di diffondere tra i frequentatori del centro una versione concordata sulla vicenda».
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