Montagna di macerie al Pcb: un nuovo sequestro alla Caffaro

L’Arpa trova altri rifiuti pericolosi abbandonati: sono i resti di uno dei capannoni demoliti
CAFFARO, MACERIE AL PCB
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Trecentocinquanta metri cubi di macerie edili ad altissima concentrazione di Pcb. Sono quelle che la procura della Repubblica in sinergia con lArpa ha sequestrato ieri mattina in via Nullo, nel piazzale della Caffaro dove un tempo sorgeva il reparto di produzione del Cloratonil. Stando ad una prima ricostruzione del pm Antonio Bassolino e degli operatori Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, quelle macerie contaminate sono il frutto dello smantellamento del capannone avvenuto nel 2019 ad opera della Csa, azienda veneta specializzata nel recupero di strutture d’acciaio.

Date le concentrazioni si tratta di rifiuti pericolosi e non speciali come erano stati classificati e come rischiavano di essere trattati se gli inquirenti non fossero intervenuti tempestivamente. Se non fossero stati analizzati e sequestrati i laterizi - segnalano da ambienti investigativi - potevano infatti essere trasformati in end of waste e reimmessi in circolo, magari in qualche sottofondo stradale.

Non più tardi di due mesi fa, il procuratore aggiunto Silvio Bonfigli e il sostituto Donato Greco fecero eseguire un altro sequestro nei confronti di Caffaro Brescia Srl e di Alessandro Francesconi, Alessandro Quadrelli e i Antonio Donato Todisco, che dell’azienda sono rispettivamente direttore dello stabilimento, rappresentante legale e presidente del cda. Il provvedimento, tutt’ora in vigore, interessò conti correnti, quote societarie e immobili per 7 milioni e 762mila euro: a tanto per gli inquirenti ammonterebbe il risparmio che gli indagati si sarebbero assicurati evitando di mettere in sicurezza gli impianti aziendali e di efficientare la barriera idraulica che dovrebbe impedire il percolamento delle sostanze inquinanti nelle acque di falda.

Il materiale sequestrato alla Caffaro di Brescia - © www.giornaledibrescia.it
Il materiale sequestrato alla Caffaro di Brescia - © www.giornaledibrescia.it

Quel sequestro è maturato nell’ambito della indagine che si è conclusa proprio a metà di giugno e che riguarda, oltre a Francesconi, Quadrelli e Todisco, altri dieci indagati. Le accuse, contestate a vario titolo, vanno dal disastro ambientale, all’inquinamento, dal deposito incontrollato di rifiuti, fino al falso in bilancio.

Sempre nella giornata di ieri tecnici dellArpa, guidati dal direttore Fabio Cambielli, hanno compiuto in sopralluogo sul Mise, l'impianto che dovrebbe garantire la mungitura delle acque inquinate di Caffaro e che da mesi non opera come dovrebbe. Dopo i sequestro dei beni di Caffaro Brescia Srl la situazione sarebbe ad una svolta: è allo studio un progetto - che dovrebbe essere messo a terra a spese della stessa azienda - per la realizzazione, a sud dello stabilimento, di due pozzi in grado di creare una barriera idraulica che impedisca alle acque contaminate di disperdersi ulteriormente. L'intervento bypasserebbe la necessità di sistemare il Mise, ma soprattutto - in attesa della bonifica complessiva del sito inquinato, per la quale ci vorranno ancora alcuni anni - risolverebbe l’emergenza per la quale non cè proprio più tempo da perdere.

 

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