Molotov all’hub vaccinale: i no vax chiedono l’appello
È stato un gesto dimostrativo, non c’era intenzione di danneggiare cose e tanto meno di far male a persone. La finalità terroristica è del tutto sfornita di fondamento.
A sostenerlo sono Paolo Pluda e Nicola Zanardelli i due cinquantenni bresciani condannati in primo grado rispettivamente a 2 anni e 8 mesi e a 2 anni e 10 mesi per le molotov scagliate contro i tendoni dell’hub vaccinale di via Morelli all’alba del 3 aprile dello scorso anno. I due no vax lo hanno ribadito, per il tramite dei loro avvocati Francesca Tropea e Paolo Botticini, anche nell’atto di appello che hanno presentato nella speranza di ottenere una riqualificazione delle accuse e uno sconto della pena.
Una cosa di sicuro il processo di appello non riuscirà a fare: mettere in discussione la paternità delle bottiglie incendiarie. Gli elementi di prova raccolti contro di loro da Polizia e Carabinieri coordinati dal pm Francesco Milanesi sono numerosi e inequivocabili. Da un lato ci sono le immagini delle telecamere di due distributori di benzina, che li riprendono nei pressi dell’hub vaccinale nell’ora dell’attentato, ma anche mentre preparano le loro «armi».
Dall’altro le intercettazioni telefoniche e ambientali nelle quali i due si compiacciono del blitz e finiscono, a loro insaputa, per confessarlo. In discussione c’è semmai l’aggravante della finalità terroristica.
Secondo il gup Christian Colombo è sussistente sia sotto il profilo oggettivo, perché «l’attentato era in grado di produrre un grave danno al Paese» in un periodo in cui l’unico rimedio alla pandemia da Coronavirus era il vaccino approvato d’urgenza, sia sotto il profilo soggettivo «perché Pluda e Zanardelli sapevano di poter produrre un danno maggiore di quello che hanno provocato».
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