Minniti: «Pericolosa strategia della tensione sull’immigrazione»
Parla di «questione gravissima» Marco Minniti, riferendosi alle aggressioni di questi giorni contro un immigrato ad Aprilia e contro la campionessa italiana Daisy Osakue.
L’ex ministro dell’Interno è stato ospite ieri sera della festa del Pd a Botticino: introdotto dal deputato bresciano Alfredo Bazoli e dal segretario provinciale Michele Orlando, ha dialogato col giornalista Mauro Zappa. «Avviene qualcosa di molto serio - afferma - che non va né sottovalutato né giustificato. E finora non ho sentito una parola di condanna del governo». Minniti rivendica l’azione compiuta dal governo Gentiloni sul tema della sicurezza: «Abbiamo cercato di coniugare il principio di sicurezza e quello di umanità. Per questi nazionalpopulisti, invece, di fronte alla sicurezza non ci sono valori che tengano. Questo ci porta a una pericolosa strategia della tensione propagandistica sull’immigrazione».
L’ex ministro è tornato al giugno dell’anno scorso, quando «arrivarono all’improvviso in Italia 13.500 migranti. Li abbiamo accolti tutti, senza chiudere un porto. Poi, però, andai in Europa a discuterne. Proposero di darci dei soldi per fare altri hotspot in Italia, ma io dissi che non saremmo mai diventati l’hotspot d’Europa». Da allora, sostiene Minniti, «abbiamo reso il tema una questione comune nell’impegno dell’Europa verso l’Africa. Ora questo è tornato ad essere un tema di drammatica divisione dell’Europa».
Il ministro dell’Interno, spiega Minniti a Salvini, non partecipa a polemiche politiche, «non può essere condizionato dai like di Facebook. E deve soprattutto occuparsi di chi non la pensa come lui. Non si può governare l’Italia come se ci fosse ogni giorno una campagna elettorale: alla fine il Paese si rompe. Ma oggi è messo in campo un modo diverso di intendere la società italiana, i principi di libertà, coesistenza tra persone e democrazia, che non sono valori del passato ma del futuro».
Parla anche, con un po’ di ironia, del Pd e del suo rifiuto di candidarsi a segretario del partito. «Mi batterò per fare un congresso al più presto, dove si discuta di tutto a viso aperto. E perché il Pd sia il cuore di una politica alternativa». Il partito, però, va cambiato profondamente, perché «c’è stata una rottura sentimentale con l’elettorato: non ci siamo occupati di aiutare gli impauriti e gli arrabbiati a superare la paura e la rabbia. Dobbiamo tornare a parlare con la gente, nelle periferie». E la vittoria nelle amministrative bresciane può essere un esempio.
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