Milena conquista Alessandro Borghese con mele d’argilla
Quale pomo della discordia? Quale peccato originale? Per Milena Bini la mela è il simbolo della rinascita. Personale e, forse, anche economica. Bresciana, 45 anni, Milena lavora part time come cassiera e cartellonista in un supermercato, ma nel tempo libero dà sfogo alla propria creatività e quello che è nato come un semplice passatempo l’ha portata «lontano». A Milano, per la precisione, nel nuovo ristorante di Alessandro Borghese «Ab il lusso della semplicità».
Passione. «L’arte - spiega Milena - per me non è un lavoro, ma un modo per comunicare ciò che sento». E il progetto delle mele nasce proprio così: «Ero in un periodo difficile della mia vita e mi sono messa a scrivere una storia che raccontasse in chiave metaforica ciò che provavo. Parlava di una mela verde su un albero di mele rosse. Sentendosi sbagliata e fuori posto, la mela verde prese a raggrinzire e a sbiadire. Solo dopo aver accettato e voluto la propria diversità ritrovò nuova vita».
È in questo frangente che Milena passa dalla pittura alla scultura: «Il mio desiderio era usare l’arte come terapia, perciò decisi di dare una forma tattile alla storia che avevo scritto». In concreto: creare un’installazione con tante mele, tutte diverse l’una dall’altra. Il primo obiettivo sono cento mele e per un anno Milena lavora sodo in laboratorio. Si tratta di pomi in argilla, ricavati dall’unione di due metà poste in uno stampo di gesso. Vengono lisciati e cotti nel forno per alcuni giorni, poi si passa alla verniciatura e alla fase più creativa, dove Milena si sbizzarrisce con varie decorazioni. «Sono arrivata persino a utilizzare la stessa tecnica della cromatura delle automobili, grazie alla complicità del mio carrozziere», racconta.
Una mela è pronta in 15-20 giorni e, a seconda della lavorazione, può costare da 80 a 220 euro. Tutte sono numerate, timbrate e firmate. Il successo arriva all’improvviso. «Il direttore del supermercato in cui lavoravo ai tempi - racconta Milena - mi chiese di esporre lì la mia installazione, che avevo chiamato "Catch diversity", per una settimana. E io accettai».
In vetrina. L’apprezzamento è immediato e presto giunge la proposta di tenere un’esposizione nel laboratorio «Lanzani». Da lì al Fuori Salone di Milano, al castello Quistini di Rovato e a «L’Orto», locale di via Solferino, in città, il passo è breve, fino ad arrivare nel nuovo ristorante dello chef Borghese. Nel frattempo Milena continua a ricevere ordini: la gente vuole acquistare le mele di argilla e le richiede personalizzate.
«Inizialmente ero scettica, perché volevo sì assecondare i desideri dei committenti, ma non potevo snaturare l’idea di unicità dei miei pezzi. Poi sono giunta a una conclusione: a determinare la diversità di ogni mia creazione ci sono sempre i picciuoli fatti con vecchi chiodi».
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