Migliaia di chiamate e pazienti in attesa: «Difficile per tutti»
Tutti i pronto soccorso sono in affanno. Tutti, potendo, rifiuterebbero le ambulanze che vengono inviate dalla Soreu Alpina, la centrale unica di Bergamo che copre il soccorso anche in provincia di Brescia. Alcune aziende ospedaliere della Lombardia nei giorni scorsi avevano valutato la possibilità di chiudere il pronto soccorso e una direttiva regionale ha dettato la linea. Nessun pronto soccorso deve chiudere.
Cosa succede dunque, ogni giorno, ogni ora, tra la centrale operativa, le ambulanze e le automediche sul territorio? Come dall’inizio dell’emergenza «al 112 e poi al 118 arrivano migliaia di chiamate (per questo è necessario sapere come usare i numeri), anche di pazienti che non sarebbero da emergenza urgenza ma che non trovano risposta in altro modo. In più l’aumento dei casi impone un grandissimo numero di trasferimenti in ospedale. I tempi di soccorso si sono allungati nonostante l’aumento dei mezzi disponibili anche perché dopo ogni uscita ambulanza e personale devono essere completamente sanificati. E serve tempo», racconta un operatore. Non solo. «Molti ospedali hanno sezioni Covid sempre più grandi e si riduce lo spazio per tutto il resto. Con la chiusura di molte attività i traumi sono calati ma infarti e ictus ci sono sempre», spiega un collega.
Le Soreu fanno il possibile per non saturare i ps, per non chiedere mai l’ultimo posto. Tutti gli attori del soccorso fanno migliaia di chilometri per trasferire pazienti in ospedali di tutt’Italia, un elicottero militare trasferisce i casi Covid mentre l’elisoccorso di Brescia porta dove c’è disponibilità di posti tutti gli altri, dai traumi agli eventi medici. «Si garantisce comunque la massima rapidità possibile ai casi gravi, per i codici verdi le attese sono evidentemente molto più lunghe». Chi è sulla strada lo sa: «È difficile per tutti, ma nessuno può tirarsi indietro».
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