Mensa, i bimbi di genitori «morosi» restano fuori
Seimila bambini delle scuole primarie mangiano alla mensa gestita dal Comune. Ed hanno genitori relativamente «virtuosi», perché sono meno del 5% coloro che non pagano la retta. «Ma non accettiamo in mensa bambini con debiti pregressi», spiegano in Comune. E lo fanno in concomitanza con la pubblicazione del rapporto «(Non) Tutti a mensa 2018» di Save the Children, fotografia di un servizio totalmente disomogeneo sul territorio del nostro Paese «scattata» alla vigilia dell’inizio del nuovo anno scolastico.
«Disomogeno perché la mensa scolastica in Italia è qualificata dalla normativa come un servizio pubblico a domanda individuale, ovvero un servizio che l’ente locale non ha l’obbligo di fornire - si legge nel rapporto -. Eppure la refezione scolastica, seppur non direttamente citato come diritto dell’ordinamento sovranazionale, è indirettamente tutelato, perché strettamente connesso al godimento del diritto alla salute e dell’accesso all’istruzione». In molte realtà del nostro Paese, la metà degli alunni non ha accesso alla mensa, semplicemente perché non c’è. A Brescia, tra i 44 comuni oggetto della ricerca, il servizio è offerto da tutte le scuole.
«Nessuno bambino viene discriminato, ma è evidente che i genitori furbetti non sono ammessi - continua il Comune -. Lo scorso anno il fatturato delle rette per le mense, è stato pari a tre milioni 400mila euro Di questi, circa 170 mila non sono entrati nelle nostre casse. Quando si tratta di situazioni difficili, viene fatta la segnalazione ai Servizi sociali che si fanno carico del problema. Ma questi casi sono solo il 20% del totale dei morosi. A questi ultimi, inviamo continue sollecitazioni, poi si passa al recupero coattivo di quanto dovuto. Il rientro può essere anche rateizzato, ma per accedere al servizio mensa per il prossimo anno scolastico deve essere pagata almeno la prima rata». I
Nel rapporto di Save The Children emerge che non solo la garanzia del servizio, ma anche l’entità delle tariffe è disomogenea a livello nazionale, perché si va - per quelle massime - da 2,3 euro a pasto a Catania e 7,28 euro a Ferrara; per le minime da 0,3 a Palermo e sei euro a Rimini. I cambiamenti più significativi nell’ultimo periodo riguardano le diminuzioni apportate alle minime, pari a 0,50 euro a Brescia che ha aumentato dello 0,25 per cento le massime.
Cibo e salute. Mensa dunque accessibile a tutti, morosi esclusi, con il servizio di qualità dei cibi serviti ai bambini monitorato da «comitati di genitori assaggiatori» e da progetti di educazione alimentare quale «Alimentarsi-imparare mangiando» che dal 2015 ha permesso la creazione di «Linee guida per la ristorazione collettiva del comune di Brescia».
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