Maxi inchiesta Leonessa: condannato un finanziere, tutti gli altri assolti

Messa alla prova per il funzionario dell'Agenzia delle Entrate. Assoluzione piena per il direttore Biondi
Il tribunale di Brescia - © www.giornaledibrescia.it
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Due anni, pena sospesa. Questo quello che resta del filone «corruzione» della maxi inchiesta Leonessa dopo la sentenza di primo grado letta in Tribunale dal giudice Roberto Spanò.

L’unica condanna decisa dai giudici della prima sezione colpisce il maresciallo della Guardia di Finanza Antonio Pavone, accusato di corruzione impropria, ovvero di aver accettato denaro per compiere un atto che gli era imposto dalla funzione.

Il tribunale ha accolto la richiesta di messa alla prova formulata dall’avvocato Giuseppe Pesce, difensore di Alessandro De Domenico. Il funzionario dell’Agenzia delle Entrate era inizialmente accusato di concorso in corruzione con l’allora direttore per aver incassato 50mila euro da un imprenditore per ridurre le conseguenze di un contenzioso fiscale. Nel corso del processo De Domenico ha ammesso di aver truffato quest’ultimo facendogli credere di aver conoscenze e soluzioni per lui, ma ha anche confessato di aver preso denaro e di non averlo dato al suo superiore. L’accusa per lui è stata riqualificata in traffico di influenze illecite dallo stesso pm, il che gli ha consentito di chiedere e ottenere la messa alla prova.

Assolti tutti gli altri imputati, perché il fatto non sussiste, a partire proprio da Generoso Biondi. Per i fatti d’indagine l’allora direttore dell’Agenzia delle Entrate di Brescia era stato circa un anno in custodia cautelare. Per lui il pm aveva chiesto una condanna a nove anni. «Abbiamo dimostrato che tutti gli atti finiti sotto la lente della procura - ha detto il suo difensore, l’avvocato Stefano Forzani - erano atti legittimi e che il dottor Biondi non ha preso denaro da nessuno». 

Assolti anche il commercialista Mauro Rigamonti, il consulente del lavoro Pietro Santo Simonini, il funzionario delle Entrate Giovanni Zapparata e il finanziere Pasquale Giovanni Castaldo. L’accusa aveva chiesto di condannare il primo ad un anno, il secondo a sei, il terzo ad un anno e mezzo e di assolvere il quarto.

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