Mattinzoli: «Non mi riconosco più nel partito che ha sfiduciato Draghi»
Non è stato un fulmine a ciel sereno, ma è l’ennesima scossa di terremoto in poco tempo per un partito in crisi. E che nello stesso giorno perde il coordinatore di Mantova, e deputata Anna Lisa Baroni, e quello di Brescia Alessandro Mattinzoli. Gelminiani da sempre hanno strappato la tessera di Forza Italia a pochi giorni dall’addio del loro punto di riferimento.
Mattinzoli, viene naturale dire che ha seguito anche questa volta Mariastella Gelmini...
«Detta così sarebbe un po’ riduttivo. Posso dire che ne ho condiviso assolutamente il pensiero. In questo momento di particolare difficoltà, tra crisi energetica, idrica, una pandemia che torna a lasciare il segno e una guerra che continua, penso che la stabilità e la continuità del Governo Draghi sarebbe stata necessaria per il Paese e sono convinto che non c’era nessuno meglio di Draghi. Salvini ha sopportato un anno e più Conte e il Movimento Cinque Stelle credo che potesse fare uno sforzo con Draghi visto che comunque saremmo andati al voto tra pochi mesi. Mi aspettavo che Forza Italia si differenziasse dalla Lega e da Fratelli d’Italia. Il partito che conoscevo avrebbe sostenuto il Governo Draghi visto che il presidente Berlusconi si era più volte vantato di averlo portato lui alla guida del Governo. Ero certo che Forza Italia non avrebbe fatto mancare la fiducia e invece ci siamo appiattiti. E non voglio pensare che il posto di Draghi potrà essere preso da chi vincerà la gara tra Salvini e Meloni. In questo momento l’Italia avrebbe bisogno di un leader in grado di trainare il Paese, per capacità e competenza».
Nei giorni scorsi in un’intervista al nostro giornale Nicoli Cristiani ha detto che Forza Italia paga la decadenza fisica e l’assenza di Berlusconi. Condivide?
«Non so se è per l’età, ma certamente non ha più la visione di un tempo. Gestiva le vicende nell’interesse del Paese, ma adesso non lo vedo più così. E quanto è accaduto la scorsa settimana è evidente. Berlusconi è stato il primo sostenitore di Draghi e scaricarlo in quel modo non è stato giusto. Io però non voglio che si dissolva Forza Italia, ma vorrei che tornasse ad essere quello che era. Mi dispiacerebbe se dovessero lasciare altri».
Quanto ha inciso sulla sua scelta di lasciare Forza Italia la decisione del partito di cancellare il direttivo che aveva convocato per fare il punto a livello provinciale dopo l’addio della Gelmini?
«Ha sicuramente inciso. Ritengo che le dimissioni di Mariastella Gelmini abbiano un peso maggiore a Brescia rispetto a Sondrio o Varese. In modo magari più naïf che politico ho ascoltato il consiglio di alcuni amici e avevo convocato un direttivo aperto ai nostri eletti per capire dove stava andando il partito. Era doveroso fare quell’incontro perché il confronto resta un valore fondamentale per la politica. La cancellazione da Milano della convocazione è stato un elemento che mi ha portato all’addio. Così come già mi aveva fatto pensare la sostituzione di un coordinatore regionale come Salini. Ho capito che Forza Italia, anche legittimamente sta cambiando e sta prendendo posizioni diverse, ma che non mi appartengono. Non lo sento più il partito popolare e liberale che ho conosciuto».
E ora c’è chi le imputa di aver comunicato l’addio prima alla stampa e poi ai dirigenti.
«I primi a saperlo sono stati i miei collaboratori e la mia famiglia e poi il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana. Dopo ho parlato con la stampa perché sapevo che se avessi condiviso il mio pensiero di lasciare con dirigenti e amici del partito, sarebbero riusciti emotivamente a farmi cambiare idea e invece serviva una scelta lucida e ragionata e non di cuore. Negli ultimi mesi non avevo più entusiasmo verso un partito come Forza Italia che non ho più riconosciuto e che ha preso una direzione che non mi piace. Ho preferito uno choc ad un segnale di eleganza. Mi sono arrivati alcuni attestati di stima che mi hanno commosso e una mezza lacrimuccia è anche scappata. Tra quello che perdo e quello che guadagno è sicuramente più quello che perdo. A partire dalle deleghe di assessore regionale».Ne ha parlato con Attilio Fontana. Che le ha risposto?
«Stimo il presidente e tutta la giunta regionale e non voglio mettere nessuno in difficoltà. Ho lasciato al presidente l’assoluta libertà di gestire tempi e modalità dell’addio. Mi ha detto che gli dispiace. Regione Lombardia non finisce certo se lascio l’assessorato».
Pensa di lasciare anche il consiglio regionale?
«Sono stato eletto e non lascio. Andrò nel gruppo misto. Non spettava a me dire chi avrebbe dovuto sostituirmi all’assessorato alla casa, ma ho detto a Fontana: "Cerca di sostituirmi con un bresciano". Il consigliere Barucco avrebbe meritato di diventare assessore per il lavoro che ha fatto in questi anni».
Mariastella Gelmini è pronta ad aderire ad Azione. Anche lei sceglierà il progetto di Calenda?
«Gelmini ha un altro ruolo. Fa politica a livello nazione ed è normale che pensi già ad un progetto nuovo. Per me è molto presto. Mi sento un pugile suonato dal punto di vista emotivo. L’unica cosa certa è la convinzione con cui ho fatto questa scelta. Ho fatto politica per 29 anni e ho avuto l’onore di fare il sindaco di Sirmione, l’assessore in Provincia e poi in Regione. Potrei anche pensare di chiudere con la politica attiva. Voglio riflettere. Ho pensato più a difendere un mio pensiero politico piuttosto che ad immaginare cosa fare dopo. Sono stato negli ultimi dieci anni coordinatore provinciale e mi sentivo un soprammobile ormai. Due congressi sono stati veri e uno un po’ più soft nel quale sono stato eletto per acclamazione in stile Forza Italia. Se per tanti anni le correnti mi hanno tenuto lì vuol dire che sono stato equilibrato e imparziale».
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