Mamma in stato vegetativo: condannato l’ospedale

Per il tribunale fu tardivo l’intervento fatto al Civile. Riconosciuto alla donna un risarcimento da 2 milioni
Otto anni dopo i fatti il Civile dovrà versare 2 milioni alla famiglia della donna
Otto anni dopo i fatti il Civile dovrà versare 2 milioni alla famiglia della donna
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L’ospedale Civile condannato a versare un maxi risarcimento di oltre 2 milioni di euro. Il Tribunale di Brescia ha dato ragione alla famiglia di una giovane donna rimasta in stato vegetativo dopo un intervento non tempestivo dei sanitari su una grave patologia.

È il 2010 quando la 32enne, mamma di due figli, è colpita da aneurisma cerebrale, importante disturbo neurologico che consiste nella dilatazione di un vaso arterioso cerebrale. Dopo l’operazione chirurgica qualcosa non va. La donna infatti non si riprende e cade in uno stato neurologico vegetativo. Da otto anni l’ormai quarantenne vive in queste condizioni. Per il giudice, che ha accolto le ragioni della famiglia, c’è stato un ritardo nell’intervento dei medici nell’eseguire l’operazione chirurgica. Questa anche per il Tribunale sarebbe stata la causa che ha provocato il danno biologico. «Secondo il principio del più probabile che non i giudici - spiega Ezio Belleri, direttore generale dell'Asst Spedali Civili - ha condannato l'azienda. L’intervento non tempestivo avrebbe influito sull'esito della procedura». L’entità della somma risarcitoria è legato alla giovane età della paziente all'epoca dei fatti e al danno biologico subito. 

Gli oltre due milioni di euro decisi dal giudice con questa sentenza (di maggio 2018 e non ancora definitiva) tengono conto anche del danno subito dal marito e dai due figli e, ovviamente, delle spese relative all’assistenza che la famiglia dovrà sostenere nel tempo per prendersi cura della donna. 

Ogni anno nell’ospedale cittadino vengono operati centinaia di pazienti per questa grave patologia. «L’Asst Spedali Civili - commenta Frida Fagandini, direttore sanitario dell’azienda socio sanitaria - è senza dubbio vicina alla famiglia che ha subito questo enorme dramma e quando c’è una condotta errata siamo i primi a volere che si faccia chiarezza come ha stabilito il giudice visto che ha riconosciuto un nesso di causa tra la condotta impropria e il danno subito». «Non riferendomi al caso specifico però voglio anche ricordare - continua il direttore sanitario - come ci sia sempre da parte nostra un impegno costante nel rivedere e migliorare le procedure di intervento perché, questo voglio che sia il messaggio, cittadini ed ospedale sono dalla stessa parte nella consapevolezza che l’uomo medico non può tutto».

 

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