Maltrattamenti «fatto culturale», la Procura di Brescia si dissocia dalle parole del pm

Lo scrive in una nota il procuratore Francesco Prete, che ribadisce le distanze da «qualunque forma di relativismo giuridico»
Il tribunale di Brescia - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
Il tribunale di Brescia - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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La Procura di Brescia si dissocia e «ripudia qualunque forma di relativismo giuridico, non ammette scriminanti estranee alla nostra legge ed è sempre stata fermissima nel perseguire la violenza, morale e materiale, di chiunque, a prescindere da qualsiasi riferimento 'culturale', nei confronti delle donne». 

Lo scrive in una nota il procuratore capo Francesco Prete riguardo l'assoluzione chiesta da un pubblico ministero per un uomo del Bangladesh accusato di aver maltrattato la moglie in quanto, ha detto in aula, «i contegni di compressione delle libertà morali e materiali (...) sono il frutto dell'impianto culturale e non della sua coscienza».

Nella nota il procuratore sottolinea che «in base alle norme del codice di procedura penale (...) nell'udienza, il magistrato del pubblico ministero esercita le sue funzioni con piena autonomia» e che sulla scorta dell'ordinamento giudiziario, le conclusioni rassegnate in aula «non possono essere attribuite all'ufficio nella sua interezza, ma solo al magistrato che svolge le funzioni in udienza». Oltre a prendere le distanze a nome dell'ufficio dal sostituto bresciano, Prete ha tenuto a sottolineare che «le richieste di ispezioni ministeriali tese a verificare tale assunto ci lasciano assolutamente tranquilli, essendo tutti i magistrati dell'ufficio sicuri di avere sempre agito nel rispetto della legalità, secondo i parametri fornitici dalla Costituzione e dalla legge».

Non si ferma quindi la polemica scoppiata attorno alle parole del magistrato che ha chiesto l'assoluzione di un uomo accusato di maltrattamenti fisici e psicologici sulla ex moglie. Il caso è quello di una donna di 27 anni di origini bangladesi e cittadina italiana, madre di due figlie, sposatasi in patria secondo un matrimonio combinato e che nel 2019 ha denunciato il marito, nel frattempo diventato ex, per maltrattamenti fisici e psicologici.

La Procura aveva chiesto l’archiviazione del procedimento, ma il gip ha detto no, ordinando l’imputazione coatta per lo straniero nato e cresciuto in Bangladesh. Quando è iniziato il processo il pm ha detto che «le condotte dell’uomo sono maturate in un contesto culturale che sebbene inizialmente accettato dalla parte offesa si è rivelato per costei intollerabile proprio perché cresciuta in Italia e con la consapevolezza dei diritti che le appartengono e che l’ha condotta ad interrompere il matrimonio».

Il caso, raccontato dal Giornale di Brescia, è stato ripreso da tutta la stampa italiana e ha suscitato diverse critiche anche da parte politica. Oggi è intervenuto anche il presidente del Senato Ignazio La Russa. Dal canto suo, la donna vittima delle violenza ha ribadito che la cultura «non può certo essere una scusante». 

Le reazioni

Proseguono intanto le reazioni di condanna. «Questo pm ha umiliato e calpestato la Costituzione e le leggi italiane. Nessuna cultura può giustificare in Italia la violazione dei diritti e della dignità delle donne. La parità tra uomo e donna è un principio che va difeso sempre, a cominciare dalle aule dei tribunali» ha scritto sui social Mara Carfagna (Azione). «In un momento di grande attenzione sul tema della violenza di genere, con notizie purtroppo quotidiane in merito e con una lotta politica in atto per garantire l'autodeterminazione e la sicurezza delle donne, ciò che è accaduto a Brescia ci fa rabbrividire - ha dichiarato in una nota Elisa Pirro, senatrice del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali -. Accogliamo con favore le parole del procuratore della Repubblica di Brescia Prete, che ha preso le distanze dalle conclusioni del pm a nome della Procura. Finché non estirperemo completamente certe idee dal nostro sistema giudiziario e dal dibattito pubblico, ogni conquista ottenuta per le donne del nostro Paese sarà purtroppo messa in discussione».

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