«Mai nessuno è rimasto solo»
Prosegue la pubblicazione delle testimonianze di «Cuori in prima linea», l'iniziativa promossa da Giornale di Brescia e Intesa Sanpaolo: abbonamenti trimestrali gratuiti al GdB in versione Digital per il personale sanitario e la possibilità per gli operatori che hanno affrontato la pandemia in tutta la sua durezza - professionale e psicologica -, di raccontare le storie vissute durante la pandemia per farne un prezioso patrimonio di testimonianze da preservare.
Le storie possono essere inviate all'indirizzo email cuorinprimalinea@giornaledibrescia.it.
In pochissimi giorni si è trasformato tutto il nostro modo di lavorare. Mascherine, camici, cuffie, calzari, guanti e visiere diventano il nostro abbigliamento quotidiano indossati sopra le solite divise e il flusso dei malati aumenta sempre più. Anche se da qualche anno non lavoro più in terapia intensiva, ma in emodinamica, mi offro, e le mie colleghe con me, per rientrare a supporto dei colleghi con cui cerchiamo di arginare la situazione. Ogni giorno ad inizio turno si svolge la complessa opera di vestizione e possiamo entrare nella nostra Utic trasformata per l’emergenza in Rianimazione e avvicinarci ai malati sperando di ritrovarli magari un po’ migliorati. Quanta tristezza, quanta sofferenza in quei giorni, il lavoro sempre più complesso e a ritmi sempre più intensi non ci permette alcuna distrazione, speriamo ogni giorno che il primario entrando ci comunichi che il flusso dei pazienti in PS stia rallentando.
Ci troviamo ad accompagnare queste persone nell’ultimo istante della loro vita, persone che conosciamo da sempre lavorando in un ospedale di paese, colleghi, amici, compaesani che non possono stringere le mani dei loro parenti e per loro lo facciamo noi. Per me questo aspetto è reso ancora più difficile avendo perduto mio papà meno di un mese prima; in ogni viso che lavo, in ogni prelievo che eseguo, in ogni ossigeno che raccordo vedo lui ed ogni volta è sempre più dura ingoiare le lacrime, mi consola il pensare che almeno io ho assistito mio papà fino all’ultimo, ma queste persone sono qua sole. Il pensiero dei miei malati non mi abbandona neanche tornata a casa e una preghiera per loro sale spontanea. C’era uno slogan che ci martellava in televisione e sui giornali: «andrà tutto bene». No, purtroppo non è andato tutto bene, tante troppe persone hanno sofferto a causa del Covid, ma sappiate tutti che i vostri cari non sono rimasti mai soli, tutti noi colleghi siamo stati con loro come avreste voluto fare voi.Tatiana Vezzini - Infermiera all'ospedale di Manerbio
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