Loveparade, la palestra McFit riapre la ferita in città

Il titolare della catena di palestre McFit è l'organizzatore della Loveparade in cui morì Giulia Minola. La madre: «Sono sconvolta»
La palestra McFit aprirà nell'ex Standa - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
La palestra McFit aprirà nell'ex Standa - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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«Sono sconvolta». La notizia dell’apertura in piazza Vittoria della palestra della catena tedesca McFit ha lasciato di sasso Nadia Zanacchi, la mamma di Giulia Minola, la ventunenne bresciana morta nel 2010 alla Loveparade di Duisburg. Perché il titolare della società, Rainer Schaller, è l’organizzatore del raduno a base di musica techno in cui morirono 21 persone e ne rimasero ferite oltre 600. Non solo: la McFit era lo sponsor principale dell’evento, pensato proprio come vetrina per le palestre diffuse in tutta la Germania e anche all’estero. Oltre 250 attività, una trentina delle quali in Italia e da Natale anche a Brescia, su tre piani all’interno dell’ex Standa.

Schaller, nonostante fosse a capo anche della società organizzatrice dell’evento, la Lopavent, non è stato toccato dalle indagini e nemmeno dal processo, iniziato nel dicembre 2017 e rimasto ora con sole tre persone alla sbarra per omicidio colposo e lesioni colpose, dopo l’archiviazione decisa lo scorso febbraio dal giudice per altri sette imputati. E sono proprio i suoi dipendenti ad essere ancora sotto accusa. 

Finora è emerso come l’organizzazione e la gestione della festa presentassero gravi carenze a livello di sicurezza, con sistemi di emergenza inadeguati, vie di fuga insufficienti, addetti in numero inferiore alle necessità e una vera e propria trappola all’ingresso della Loveparade, il tunnel con la rampa in cui morirono le giovani vittime, schiacciate dalla folla impazzita. 

Schaller è apparso in aula a Düsseldorf, sede del processo, nel maggio 2018. «Tutta la sofferenza che avete provato a Duisburg - disse rivolgendosi ai familiari delle vittime - è avvenuta alla mia festa. Mi prendo la responsabilità morale di tutto ciò». Morale, non giuridica. Nel diritto italiano è prevista la posizione di garanzia, che fa sì che, ad esempio, il responsabile di un'azienda risponda anche per ciò che hanno fatto i dipendenti. In Germania, invece, questo non è previsto. Schaller ha ribadito di non sentirsi colpevole e di non avere partecipato, nonostante la sua posizione apicale nell’organizzazione, alle scelte concrete sulla preparazione e gestione della Loveparade. In pratica, avrebbero fatto tutto i suoi dipendenti, senza coinvolgerlo direttamente.

Tra le sette persone la cui posizione è stata archiviata, c’erano sei membri del Comune di Duisburg e un rappresentante della Lopavent. I tre rimasti a processo fanno sempre parte della società di Schaller e hanno rifiutato l’archiviazione perché per loro era previsto il pagamento di una sanzione di diecimila euro con il riconoscimento di una colpa lieve nella vicenda. La scelta di proseguire con le udienze, da parte degli imputati rimasti, è stata fatta in nome del diritto di essere giudicati, colpevoli o innocenti, senza vie di mezzo. 

Il procedimento nel frattempo va avanti, le udienze portate a termine finora sono oltre 150, ma non si può dire che siano stati fatti grandi passi in avanti nell’accertamento delle responsabilità. Senza Schaller, senza l’ex sindaco Adolf Sauerland, senza i politici che insistirono perché la festa si facesse, senza rappresentanti del Comune, della Polizia o dei Vigili del fuoco, bisognerebbe dunque credere che la catena di responsabilità che ha portato alla strage si restringerebbe a sole tre persone. Una situazione sconfortante, come ha più volte ribadito Nadia Zanacchi. Il che non le impedisce di sperare in una sentenza, ma il tempo stringe: nel luglio 2020 scatterà la prescrizione e con essa si potrà dire addio alla speranza di verità e giustizia per la morte di Giulia e di altri venti ragazzi e ragazze come lei. 

 

 

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