Loggia, il Pd «fa i conti» con il toto Giunta: prima fumata nera da Castelletti
«Tutto dipende dal Partito democratico: più insiste a fare l’onnivoro e più penalizzerà gli altri. Siamo in coalizione e il sindaco ha il diritto di avere alcune persone di sua fiducia. Emilio Del Bono ne ha scelte ben tre per il suo primo mandato e due per il secondo, perché Castelletti dovrebbe sottostare ad altre regole?».
Caldo torrido, porticato di Palazzo Loggia, giorno due delle consultazioni. La questione madre viene a galla in ogni conversazione: il numero di posti che il Pd si aspetta, le ragioni per le quali se li aspetta e l’impietosa realtà dei numeri che ghigliottinano a dieci (sindaco incluso) gli assessorati consentiti. Undici, se si aggiunge il ruolo del presidente del Consiglio comunale (che poi, al netto del sindaco, sempre a dieci incarichi si arriva). Ne parlano tutti del «problema delle caselle dem»: chi per strategia, chi per stupore, chi per lanciare messaggi trasversali. Ne parla soprattutto il Pd, com’è normale che sia, ma in incognito. Perché, al netto dei desiderata, il punto è sempre e soltanto uno: quella della guida degli assessorati è un’investitura di fiducia. E a deciderla è una persona soltanto: il sindaco Laura Castelletti.
Le aspettative
La giornata all’ombra della Loggia racconta di consultazioni monografiche. Il pomeriggio di ieri era dedicato solo all’azionista di maggioranza relativa della coalizione. Che, faccia a faccia con la prima cittadina, ha puntato alto: fuori da ogni equivoco, le poltrone che chiede il Pd sono sei, cinque assessorati e la presidenza del Consiglio. Numeri irricevibili per il resto della coalizione, che vedrebbe così spazzata via quella rappresentanza plurale che Castelletti ha fatto capire di volere fortemente. La moral suasion dem si declina in diverse versioni. La prima: «Abbiamo ceduto il candidato sindaco con generosità, non possiamo sempre rimetterci». La seconda: «Nel conteggio degli assessorati non deve rientrare il vicesindaco, perché frutto di un accordo pregresso attraverso il quale si va a pari con la poltrona ceduta a Castelletti». La terza: «Nel conto non ci deve stare la presidenza del Consiglio perché sarà una scelta dei gruppi consiliari» (di cui il Pd detiene però i voti di maggioranza).
Epilogo? Per ora nessuna delle versioni della storia ha convinto Castelletti e i suoi consiglieri politici che la metà di dieci sia sei. E infatti il segretario provinciale dem Michele Zanardi (in Loggia con il coordinatore cittadino Tommaso Gaglia) parla di «incontro non decisorio ma interlocutorio». Ma dice anche: «Il lavoro di costruzione della squadra deve essere rafforzato, servono confronti più intensi tra le varie forze politiche della coalizione. Ci siamo lasciati con la necessità di rivederci, ma è chiaro che col sindaco abbiamo parlato di numeri». A stretto giro sarà convocata una riunione degli eletti: la necessità di guardarsi negli occhi è sempre più stringente, lo stallo nella trattativa ha scadenze ben definite. Castelletti considera 4 i posti a disposizione e, se questo punto resterà fermo, la rosa è pressoché cristallina: Federico Manzoni è vicesindaco, Valter Muchetti è il big delle preferenze, Anna Frattini e Camilla Bianchi hanno numeri e curricula in regola per rappresentare a dovere l’apporto femminile. Ecco perché, sempre in casa dem, c’è chi suggerisce di mescolare le carte e di giocare un fuori campo: cedere la presidenza del Consiglio in cambio di un quinto assessorato.
Effetto domino
Fatto sta che lo schema di gioco sul quale Castelletti starebbe ragionando è il seguente: i 4 posti già descritti per i dem, un posto per la Civica del sindaco, che sarà certamente rappresentata da Alessandro Cantoni. Una nomina sarà per Azione, Italia Viva e +Europa che - nei prossimi giorni - proporranno alla prima cittadina almeno due nomi, un uomo e una donna, tra i quali scegliere, anche perché la lista punta a un assessorato di peso, alias: ambiente, bilancio, lavori pubblici o - in extremis - urbanistica. Un posto andrà a Marco Fenaroli per Al lavoro con Brescia. A questo si aggiungono due nomine in quota sindaco (in pole c’è un tecnico per l’Urbanistica, ma anche questo potrebbe non essere un diktat).
In questo contesto, è chiaro che se il Pd alza la posta e sfida il banco (è il ragionamento) si assumerà la sua responsabilità. Che in questo caso ha nome e cognome: l’esclusione di qualsiasi riconoscimento per Brescia Attiva all’interno della squadra, una lista che rappresenta la vera novità di questa campagna elettorale e che ha un «dna» ben preciso. Chi è vicino al sindaco non ha dubbi: se tutti, Pd incluso, dimostreranno senso di responsabilità - è la tesi - Castelletti saprà tenere dentro ogni componente. Se invece «i dem giocheranno al rialzo si assumeranno l’onere di giustificare una ridotta rappresentanza delle liste minori».
Come a dire: il ragionamento dev’essere di coalizione. Diversamente, il Pd innescherà un meccanismo in stile Davide contro Golia, con Brescia Attiva come prima forza nel mirino. Ma attenzione: nella storia, Golia non è certo andato incontro a un lieto fine.
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