Lo strazio dei piccoli non può aver confini
Ci sono morti silenziose che si perdono sotto traccia, affogate nel rumore di fondo dei troppi torti del mondo. Altre che rimbombano come cannonate. Così quelle della famiglia di mormoni sterminata in Messico, pare dal feroce clan della droga de Los Jaguares. Fra le nove vittime, ci sono 6 bimbi, due di soli otto mesi, crivellati di colpi e poi bruciati sui seggiolini dell’auto, divenuti le loro bare. Orrore puro. Macelleria messicana, manco a dirlo, da romanzi sui narcos di Don Winslow, ai quali non a caso lo stato di Sonora, teatro dell’assalto, non è estraneo. Eppure, non fossero americane le vittime, la carneficina quasi non avrebbe eco, in un Paese che in nove mesi conta 26mila omicidi.
Che si tratti di errore o vendetta, il sangue innocente versato tinge di rosso i fiumi di polvere bianca che da oltre Atlantico arrivano a inondare anche il Vecchio Continente, Brescia inclusa.
Nelle stesse ore in cui a farci fare un balzo in casa nostra c’è la testimonianza di una mamma tossicodipendente che narra le crisi di astinenza del suo incolpevole neonato, non smussiamo la spigolosa verità: quei bimbi massacrati nel deserto messicano - e chissà quanti con loro -, li ha sulla coscienza, oltre ai pistoleros, chi per strada, a casa, in ufficio o a un party sceglie cocaina o affini. Sarebbe bello se lo strazio dei più piccoli di cui è carica questa settimana facesse voltare pagina a qualcuno. Meglio se a tanti.
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