Lo Stato che non fa lo Stato
La vera funzione della politica sarebbe quella di amministrare risolvendo i problemi delle persone. Un teorema impegnativo che la fa a botte con la cronaca quotidiana del nostro Paese. Se lo Stato non fa lo Stato dobbiamo prendere atto, accettando anche di scivolare nell’antipatico populismo, che i «nostri» delegati, insomma quelli che votiamo, abbiano ben chiara in testa la strategia della campagna elettorale, un po’ meno quella del buon governo che, appunto, significa fare in modo di rendere più semplice la vita dei cittadini.
La critica è rivolta ai legislatori nazionali e regionali, mentre salviamo i sindaci che, essendo vicini alla gente, ne condividono anche i guai. Chiedere a persone anziane di scegliere chi sarà il «gestore» del malato cronico, è un esempio fra i tanti (non bastava il medico di famiglia?) che dimostra come l’ufficio «complicazione affari semplici» sia sempre aperto. Tanto che la ridondante burocrazia fa sprecare quasi 70 miliardi di euro l’anno. Il che ci riporta al punto e a capo: ogni riforma dovrebbe avere una caratteristica fondamentale, ovvero essere migliorativa rispetto al passato. In caso contrario resta attuale l’aforisma di Ennio Flaiano: «La situazione politica in Italia è grave, ma non è seria».
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