Lo Spazio Off dove guarire ludopatici e schiavi del web
C’è il tredicenne che ha svenduto lo smartphone per giocarsi il ricavato. C’è la giovane operaia che butta il quinto dello stipendio nelle macchinette mangiasoldi. C’è il tizio prigioniero in casa dei videogiochi on line. Spinti dai genitori, dal datore di lavoro o dai familiari hanno bussato alla porta di Spazio Off, in viale Italia 26.
Come loro hanno fatto decine di altre persone, dai 13 ai 70 anni, vittime della ludopatia, il vizio del gioco e dell’azzardo nella rete. Ma anche chattatori compulsivi, maniaci del gratta e vinci e dello shopping su internet, fanatici dello smartphone. Molti con associati dei disturbi mentali.
«Scopriamo sempre nuove dipendenze o varianti, ogni persona è portatrice di una sua storia, che richiede un trattamento specifico». Sono parole di Paolo DiMarco, psicoterapeuta, responsabile clinico di Spazio Off. Il servizio è stato attivato nel luglio scorso dalla cooperativa Comunità Fraternità, presieduta da Alberto Festa. È il primo ed unico centro bresciano per la cura delle patologie legate al gioco e alla dipendenza dalla rete. A Spazio Off si arriva direttamente oppure su segnalazione dei vari centri (come gli Smi degli Acrobati o del Mago di Oz), che formulano la diagnosi.
«Da quando abbiamo aperto - prosegue Di Marco - c’è stato un crescendo di utenti». Due-tre persone a settimana chiedono aiuto. «Sperimentiamo nuove frontiere della dipendenza. Siamo sconcertati noi professionisti, figurarsi i genitori dei ragazzi, spersi davanti alla velocità dei cambiamenti tecnologici».
L’ultima novità è l’Hikikomori, termine giapponese che indica il ritiro patologico dalla vita sociale. Persone che stanno davanti ai videogiochi in casa, senza più uscire. «Stiamo curando un paio di casi - riferisce Di Marco - per fortuna con una forma lieve».
Di recente Spazio Off ha ottenuto dalla Regione l’accredito come centro diurno specialistico per 15 posti in comobilità: «Sempre più i pazienti sommano alla dipendenza disturbi mentali», spiega lo psicoterapeuta. Per ora la Regione non sostiene ancora in termini economici la cura di queste patologie. Tocca al paziente pagare il percorso, dai tre ai dodici mesi. «La Fondazione della Comunità Bresciana - aggiunge Vincenzo Lanzoni di Spazio Off - ci ha fatto una donazione di 24mila euro, che usiamo per coprire le spese di chi non è in grado di pagare la cura».
Il servizio (www.fraternita.coop/spaziooff; 335/6194763) funziona dal lunedì al sabato. Una decina i professionisti impegnati. Ilaria Pasinelli è la responsabile del centro diurno. «Dalla malattia del videogioco si guarisce anche attaverso il videogioco», dice Paolo Di Marco.
«Il gioco ci aiuta a vivere, bisogna farlo in maniera corretta». Per chi si rivolge a Spazio Off e decide di farsi curare viene predisposto un piano individuale integrato. «Significa che gli operatori agiscono in maniera coordinata, con gli stessi obiettivi» spiega Di Marco. Arteterapia, gioco consapevole, percorso di ascolto del corpo, psicoterapia, psichiatria, assistenza legale (pensate ai debiti di gioco), sono alcuni dei servizi praticati.
Si aggiunge anche l’intervento domiciliare: gli educatori verificano che quanto imparato nella stanza della terapia venga applicato nell’ambiente domestico. Nelle scuole. C’è la cura, ma ci sono anche l’informazione e la formazione. Scuole, parrocchie, aziende, associazioni di genitori chiedono a Spazio Off di essere aiutati a capire per prevenire. Serate dedicate al cyberbullismo, alla dipendenza da videogiochi, all’uso corretto dei social. Da fine marzo a maggio gli operatori terranno dodici incontri in altrettante scuole superiori di Brescia, dal Gambara al Calini, dallo Sraffa al Tartaglia al Leonardo. Per insegnare i pericoli del web.
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