Lo slogan del Colorificio Bresciano e l'equivoco sul coronavirus
«È una cosa assurda, ma purtroppo le persone spesso si fermano a leggere il titolo». Sorride Giovanni Cherubini, amministratore del Colorificio Bresciano, nel commentare l’equivoco che ha visto coinvolta l’azienda di famiglia, ora alla quarta generazione . Un nome storico - l’attività fu avviata nel 1909 - non solo nel panorama produttivo, ma anche nell’immaginario popolare grazie allo slogan «Colori, colori, colori: Colorificio Bresciano» che da più di cinquant’anni risuona allo stadio Rigamonti quando gioca il Brescia, di cui l’azienda è sponsor.
Il nostro giornale ha ripreso lo slogan nel titolo dell’articolo di oggi sull’arancione rafforzato, la nuova definizione regionale della fascia di rischio in cui è stata inserita la nostra provincia, assieme a otto comuni bergamaschi. Il titolo «Colori, colori, colori: il colorificio pandemico», ironico e vagamente nostalgico (anche a me, tra le altre cose, manca lo stadio) è stato però male interpretato da alcuni lettori.
«Mio padre aveva visto il titolo e si era fatto una risata leggendo l’articolo - racconta Giovanni Cherubini -. Poi però abbiamo iniziato a ricevere chiamate di clienti che chiedevano informazioni sulla nostra situazione». Domande come «allora avete molti contagi?», «fate la consegna prevista per oggi?» hanno portato Cherubini a contattarci per rivolgere a tutti una rassicurazione: non c’è un focolaio al Colorificio Bresciano, stanno tutti bene e le attività proseguono regolarmente. Cosa che sarebbe stata pienamente comprensibile leggendo l’articolo, che tratta invece delle giravolte, cromatiche e non solo, della politica in tema di coronavirus.
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