Lo Presti: «Il progetto del nuovo carcere di Brescia non cada nell’oblio»
«Ormai da anni, forse fin troppi, la città di Brescia aspetta l’edificazione di un nuovo carcere al fine di dare la giusta dignità a tutti quei lavoratori, in primis della Polizia penitenziaria, che prestano servizio in quella struttura ma anche per assicurare una corretta funzione della pena per coloro che si trovano nella restrizione della libertà personale». Lo scrive la Fp Cgil in un comunicato del coordinatore regionale della Polizia Penitenziaria, Calogero Lo Presti, che conclude rilanciando «l’appello agli organi istituzionali e politici affinché il progetto sul nuovo carcere a Brescia non cada nell’oblio».
Nella nota, Lo Presti sottolinea che «il carcere, quale istituzione totale, molto spesso viene collocato ai margini della società, quella stessa società che dovrebbe essere inclusiva, nonostante all’interno vi siano persone, oltre ai detenuti, che a vario titolo prestano la loro opera professionale come Polizia penitenziaria, educatori, personale del Comparto funzioni centrali, dirigenti, assistenti sociali, medici, infermieri, psicologi, psichiatri, volontari, ministri di culto, docenti...».
Il sindacalista si sofferma in particolare sulle condizioni lavorative delle donne e degli uomini della Polizia penitenziaria all’interno della struttura del Nerio Fischione (più noto come Canton Mombello), definendole «drammatiche e degne di attenzione da parte degli organi istituzionali e politici» per la «ormai cronica carenza di personale che consta di meno 60 unità tra agenti e assistenti; ancora più grave - aggiunge Lo Presti - è la carenza dei sottufficiali che sfiora il 95% della pianta organica; su 25 ispettori ne sono presenti due; su 32 sovrintendenti ne è presente appena uno. Molto più drammatica è la situazione del personale dirigente della Polizia penitenziaria: su quattro figure previste, nessuna è presente se non un commissario in missione proveniente dall’altro istituto penitenziario con le funzioni di comandante. La responsabilità gestionale del personale e della popolazione detenuta nell’ambito dei vari turni, in mancanza delle figure intermedie come i sottufficiali, viene affidata agli assistenti coordinatori di Polizia penitenziaria che si assumono responsabilità non loro oltre a non veder riconosciuto un adeguato corrispettivo economico».Ancora: «Alla situazione drammatica degli organici bisogna aggiungere le condizioni lavorative fortemente precarie e insicure derivate dal fatto che sovente i poliziotti sono costretti a intervenire in occasione di disordini, rivolte, risse, aggressioni, senza mezzi di protezione individuali mettendo a rischio la propria incolumità personale. Non si contano poi le minacce, gli insulti e le aggressioni che i poliziotti sono costretti a subire».
Ma non è tutto. Il sindacalista pone l’accento sulla funzione della pena, e quindi del carcere, spiegando che «il tema del reinserimento nella società civile è molto importante» ma «purtroppo la condizione strutturale del carcere di Canton Mombello, come anche il grave sovraffollamento (attualmente si contano oltre cento detenuti in più dei 186 previsti come capienza regolamentare), non permettono di rieducare o trattare i detenuti».
Il rappresentante sindacale affronta anche altri temi: dall’obbligo di convivenza forzata, anche in spazi angusti, tra soggetti di nazionalità, culture, religioni diverse, fino alla la salute mentale all’interno delle carceri. E conclude con l’appello a istituzioni e politica per il nuovo carcere.
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