L'imputato viene assolto, le avvocatesse sotto attacco sui social
Questa volta - o meglio, anche questa volta - si è andati oltre il populismo forcaiolo. Ben al di là del «deve marcire in carcere» e «buttate la chiave». Siamo davanti ad un caso in cui c'è chi non accetta la sentenza perché contraria al sentore popolare. E allora la rete si trasforma in uno sfogatoio di rabbia, ignoranza e sessimo.
Nel mirino di un gruppo Facebook finiscono due avvocatesse bresciane. Le professioniste che hanno difeso in aula un 27enne di origini pachistane che una settimana fa è stato assolto dall’accusa di violenza sessuale sulla sorella minore. Il pubblico ministero aveva chiesto la condanna a 7 anni e mezzo di carcere, mentre per i giudici della prima sezione penale del tribunale di Brescia il giovane è innocente e, accogliendo la richiesta e la ricostruzione della difesa, ha pronunciato sentenza di assoluzione.
Decisione inaccettabile per il popolo dei social che ne ha per tutti. «Panchine e scarpe rosse. Questa sarebbe la soluzione. Capisco la sensibilità ma la giustizia?» scrive Sergio. Guglielmina riprende il commento e attacca: «Per me l’unica soluzione è di ammazzarli immediatamente perché non c’è una giustizia certa per tutte le donne violentate, maltrattate e ammazzate. Altro che panchine rosse». Nel commento successivo punterà direttamente all’evirazione dell’imputato. Venusia rincara la dose: «Che vergogna. Mettono inutili panchine rosse nelle piazze e poi questa è la giustizia italiana? Ipocrisia portami via. Fate schifo».
E arriviamo agli attacchi, duri e volgari, alle avvocatesse bresciane che hanno difeso il 27enne. «Non una, ma due donne che lo hanno difeso. Vergognoso» scrive Emanuela. «Se la faccenda fosse vera mi chiedo come possono due donne difendere una persona del genere» aggiunge Sandra senza nemmeno tenere in considerazione che il 27enne, ad oggi, al termine del processo di primo grado, è stato assolto. E che comunque chiunque ha diritto alla difesa. Per Sandro «gli avvocati vivono sulle disgrazie degli altri e ci guadagnano». Fernanda prende ancora meglio la mira e impallina le due legali. «Ma questi avvocati non si vergognano a difendere un delinquente simile. Lo schifo assurdo che per i soldi non si guarda in faccia nessuno, eppure sono donne ma nessuna solidarietà. Il denaro e la carriera sono superiori al dramma di questa ragazza». E poi il picco: «Che non debbano mai provare nessun tipo di violenza queste sottospecie di avvocati».
C’è chi prova a spezzare la catena d’odio. «Vedo - si inserisce Claudio - che lei ha già emesso il suo verdetto di colpevolezza e non mi pare in nome della giustizia ma di preconcetto razziale». A stravincere è il partito dell’attacco. «Davvero mi delude profondamente il comportamento legale ma prima ancora disumano e antifemminile dei due avvocati donna» scrive Enrica. Silvano commenta così la notizia: «Se sei una donna avvocato faccio fatica a concepire che si difenda un maschio accusato di stupro». Gianfranco ha la verità da tastiera in tasca. «Molto semplice. Gli avvocati a volte sono come le prostitute. Non importa se sei bello, giovane, ricco, pelato. Purché tu abbia il denaro. Quello che non viene detto è il fatto che probabilmente la scelta di due donne a difesa è stata fatta dall’imputato. Ma il problema è che questi avvocati quasi certamente vengono pagati da noi, perché l’imputato risulterà nullatenente».
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