Le storie del bés galilì? Solo leggende (forse)

Figure fantastiche e mostri che abitano il linguaggio
El bés galilì terrorizza da tempi immemori i bimbi bresciani - © www.giornaledibrescia.it
El bés galilì terrorizza da tempi immemori i bimbi bresciani - © www.giornaledibrescia.it
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Leggende, forse. Mostri immaginari, dicono. La parlata bresciana è popolata di figure la cui realtà non è proprio incontrovertibile, ma la cui efficacia concreta non lascia dubbi. Sono gli spauracchi - el bàò, el lùf, la gàta móra... - di cui gli adulti raccontano per educare i bambini. Per indicare loro limiti, divieti, pericoli.

Persino il pericolo di cadere in un fosso ha nome e cognome. Ce lo ha ricordato il nostro lettore Giuseppe: pochi giorni fa era in giro per loertìs e per raccoglierne stava sporgendosi troppo da una riva. Ancestrale il richiamo della moglie: «Àda che ta tìra zó la Vècia Rampìna...». Altro che legge di gravità: chi ci attrae pericolosamente verso il basso è una strega armata di rampino.

Ma il mostro dei mostri è lui: il bés galilì. Su questo residuato preistorico sono fioriti mille racconti: secondo alcuni sarebbe un serpente non troppo lungo, dotato di cresta e forse di ali. C’è chi giura di averlo visto, chi dice che non c’è. Ma se esiste ha tra gli occhi una pietra preziosa che ipnotizza chi ne incroci lo sguardo. È simile al basilisco già descritto da Plinio nel 70 d.C.

In Valtrompia, ad esempio, i nonni da sempre raccomandano ai nipotini di non avventurarsi da soli nel bosco all’imbrunire, per non incontrarlo. A Nuvolera lo indicano come il crudele custode di quel luogo magico e antico che è el Sércol del Diàol. Dove vanno a finire i bambini che fanno i capricci. Dinosauro sopravvissuto o figura simbolica, c’è chi lo canta. Come Charlie Cinelli. Bellissima la sua «El Bés Galilì» che si apre con le parole «Chèsta l’è ’na legènda», questa è una leggenda. Forse. Dicono.

 

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