Le mucche inquinanti e la nostra speranza

La fiducia nel futuro oltre questi tempi bui: l'esempio di paciosa resilienza della vacca da latte
Un mucca - Foto © www.giornaledibrescia.it
Un mucca - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Quando si parla di inquinamento uno subito pensa agli scarichi delle auto o a quei giganteschi camini che scaricano in cielo fumi grigi e densi. Ora, grazie a un recente studio del Wwf, dovrete allargare i vostri orizzonti e fare spazio, appunto nella categoria inquinanti, alle mucche. Esatto, proprio a loro.

La ricerca attribuisce alle vacche ben il 34% dei gas serra di origine agricola. Sentite un po’: «Una mucca emette da 300 a 500 litri di metano ogni giorno durante la sola ruminazione: i loro rutti hanno un impatto negativo sull’ambiente, poiché il metano è un gas dannoso per il clima».

Per il Wwf la soluzione per evitare questo inconveniente è molto semplice: bere le bevande alternative al latte derivate da soia, avena o farro che «hanno un’impronta climatica significativamente inferiore rispetto al latte vaccino». Premettendo che una cosa del genere può dirla solo chi non ha mai bevuto il latte di soia (quelli di avena e farro non li ho assaggiati, ma la vita ha già così spesso un sapore insopportabile che non vedo perché accanirsi con se stessi), a me le mucche stanno estremamente simpatiche. Osservano il mondo attorno a loro e intanto masticano. E masticano.

Fanno certo qualche ruttino, ma mica devono sedersi a tavola con la regina Elisabetta. Sono un esempio di paciosa resilienza. Così dobbiamo fare anche noi, attrezziamoci mentalmente ad assorbire gli urti senza romperci. Passato questo lungo inverno, in primavera nel nostro orto tornerà rigoglioso il cicorione pan di zucchero, e anche noi potremo ruminarlo, pardon gustarlo con gioia.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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