Le donne ostinate dipinte d'oro zecchino

Una nuova riflessione di Augusta Amolini legata alla resilienza delle donne, sopratutto quelle colpite da tumore
L’arte giapponese del Kintsugi -  Foto © www.giornaledibrescia.it
L’arte giapponese del Kintsugi - Foto © www.giornaledibrescia.it
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L’altro giorno mangiando una piadina con la mia amica Grazia, inaspettatamente lei dice: hai saputo di Sandra? Io non so nulla, ma il suo tono di voce anticipa una triste notizia, e immediata sento salire una sensazione di freddo che mi è familiare. Poi tramite whatsapp mi invia la sua ultima impietosa fotografia, nella quale fatico a ritrovare nei tratti del viso la bella ragazza che avevo collocato in qualche cassetto della memoria.

Mi dico che in fondo il tempo ci modifica tutti e sicuramente avremmo pensato entrambe la stessa cosa se ci fossimo incontrate, penso che anche Sandra avrà indossato la collana di perle e granate con grande dolore, i simboli che idealmente indicano la morte prematura.

Un tempo lo definivano «il brutto male», come se per opposto le malattie potessero avere un lato bello. Oggi la bestia feroce che infligge i suoi artigli nella carne viva di ogni famiglia la chiamano tutti con il suo vero nome. Il cancro è diventato un vocabolo comune, singolare e plurale. È una pandemia che colpisce indiscriminatamente, come se la natura mostrasse la sua ribellione al disordine malsano, provocato dai continui danni ambientali per i quali l’unico indiziato è l’uomo.

Il fine settimana tutto in rosa che Brescia sta preparando non è solo una corsa né una raccolta fondi finalizzata per aiutare la ricerca. Essa è l’immagine della speranza esibita con coraggio da tante donne che hanno vinto o stanno combattendo la loro battaglia privata contro il tumore del seno. Le donne parteciperanno con le loro storie di sofferenza, di rabbia e rassegnazione, scrivendo sul petto il nome delle amiche vinte dal male per farle camminare ancora.

Alcune insieme ai segni del bisturi porteranno anche i tagli inferti dall’abbandono di uomini deboli che non hanno retto alla mutilazione della loro femminilità, mentre altri uomini correranno per ricordare le madri, le compagne e le loro sorelle.

Come i vasi rotti che l’arte giapponese del Kintsugi riempie d’oro nelle fessure per recuperali e renderli opere d’arte, le cicatrici delle donne valorizzate con oro zecchino e ritratte dalla fotografa Cristina Penocchio dicono che dall’esperienza della malattia si può uscire fortificate e più belle di prima. La speranza è una pianticella ostinata che continua a germogliare anche fra i cocci.

Le cicatrici delle donne operate di tumore, valorizzate con oro zecchino e ritratte dalla fotografa Cristina Penocchio
Le cicatrici delle donne operate di tumore, valorizzate con oro zecchino e ritratte dalla fotografa Cristina Penocchio

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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