Le Casere salvate dal quartiere, un progetto nato novant’anni fa

L’Immobiliare Borghetto iniziò a ideare gli spazi nel 1931: nel 2016 il vincolo del Ministero
Una suggestiva veduta d’insieme della galleria delle Casere - © www.giornaledibrescia.it
Una suggestiva veduta d’insieme della galleria delle Casere - © www.giornaledibrescia.it
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Mute testimonianze di un periodo storico ormai quasi dimenticato, di un primato che quasi cento anni fa Brescia aveva raggiunto, come prima città in Lombardia e tra le prime in Italia. Sono le Casere, i due grandi edifici che rientrano nel quartiere Don Bosco e che per qualche anno, prima del 2016, hanno anche rischiato di essere abbattute per realizzare residenze e uffici moderni, tra i quali anche la sede di svariati uffici comunali. Per difenderle, si è consumata una battaglia capitanata da singoli cittadini e associazioni che erano particolarmente affezionati ai vecchi depositi del formaggio e che, presentando numerose osservazioni al Pgt, hanno fatto in modo che non venissero rase al suolo. Tra i progetti di rilancio esistenti vi è anche quello di utilizzare i loro sotterranei come deposito delle opere d’arte della Fondazione Brescia Musei e delle scenografie del Centro teatrale bresciano.

Si cominciò a pensare all’istituzione dei Magazzini generali già dai primi anni Venti dello scorso secolo, come dimostrano i decreti legge e ministeriali emanati nel 1927 e nel 1928 e le pratiche della Federazione provinciale sindacato fascista agricoltori e il Consorzio agrario di Bagnolo Mella. Fu però nel luglio del 1931, esattamente novant’anni fa, che la Immobiliare Borghetto, presieduta da Francesco Folonari, cominciò a muoversi per realizzare i Magazzini generali e le Casere.

Le Casere per la stagionatura del formaggio furono costruite fra il 1931 e il 1932 - © www.giornaledibrescia.it
Le Casere per la stagionatura del formaggio furono costruite fra il 1931 e il 1932 - © www.giornaledibrescia.it

Il progetto porta la firma degli architetti Buizza e Peroni e in pochi mesi venne costruito un edificio costituito da silos e uffici con «211 celle capaci di 150mila quintali di grano, e i due grandi depositi dei formaggi, capaci di oltre 100mila forme, riuniti da un lungo e grande porticato onde permettere le operazioni di carico e scarico in qualunque stagione, evitando così pericolosi sbalzi di temperatura», e altri magazzini (come si legge nell’Enciclopedia bresciana curata da don Antonio Fappani). Negli anni successivi l’area, inizialmente di 32mila metri quadrati, venne ampliata fino a raggiungere gli 85mila del 1975, con «l’enorme silo a celle che aveva una capacità complessiva di 120mila quintali suddivisa in celle cilindriche da 1000 quintali cadauna e da altre minori da 250 e 100 quintali».

Dalla dismissione delle Casere ai tempi più recenti si è passati anche per l’ipotesi abbattimento con la giunta guidata dall’allora sindaco Adriano Paroli. Fu solo nel 2016 che il Ministero dei beni culturali mise un vincolo sulle Casere: pubblici o privati, quegli spazi dovevano essere tutelati. «Ci siamo battuti come singoli cittadini cercando di coinvolgere anche i Consigli di quartiere a noi vicini - racconta la presidente del Cdq Don Bosco, Tiziana Cherubini - per presentare le osservazioni al Pgt della giunta Del Bono, appena insediata. E con una certa soddisfazione nel cuore, a titolo personale, ogni volta che ci passo davanti mi dico: "Che bello che sono ancora lì"». E chissà che per il centenario delle Casere possa arrivare qualche progetto realizzabile per la loro riqualificazione.

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