Le Casere salvate dal quartiere, un progetto nato novant’anni fa
Mute testimonianze di un periodo storico ormai quasi dimenticato, di un primato che quasi cento anni fa Brescia aveva raggiunto, come prima città in Lombardia e tra le prime in Italia. Sono le Casere, i due grandi edifici che rientrano nel quartiere Don Bosco e che per qualche anno, prima del 2016, hanno anche rischiato di essere abbattute per realizzare residenze e uffici moderni, tra i quali anche la sede di svariati uffici comunali. Per difenderle, si è consumata una battaglia capitanata da singoli cittadini e associazioni che erano particolarmente affezionati ai vecchi depositi del formaggio e che, presentando numerose osservazioni al Pgt, hanno fatto in modo che non venissero rase al suolo. Tra i progetti di rilancio esistenti vi è anche quello di utilizzare i loro sotterranei come deposito delle opere d’arte della Fondazione Brescia Musei e delle scenografie del Centro teatrale bresciano.
Si cominciò a pensare all’istituzione dei Magazzini generali già dai primi anni Venti dello scorso secolo, come dimostrano i decreti legge e ministeriali emanati nel 1927 e nel 1928 e le pratiche della Federazione provinciale sindacato fascista agricoltori e il Consorzio agrario di Bagnolo Mella. Fu però nel luglio del 1931, esattamente novant’anni fa, che la Immobiliare Borghetto, presieduta da Francesco Folonari, cominciò a muoversi per realizzare i Magazzini generali e le Casere.
Il progetto porta la firma degli architetti Buizza e Peroni e in pochi mesi venne costruito un edificio costituito da silos e uffici con «211 celle capaci di 150mila quintali di grano, e i due grandi depositi dei formaggi, capaci di oltre 100mila forme, riuniti da un lungo e grande porticato onde permettere le operazioni di carico e scarico in qualunque stagione, evitando così pericolosi sbalzi di temperatura», e altri magazzini (come si legge nell’Enciclopedia bresciana curata da don Antonio Fappani). Negli anni successivi l’area, inizialmente di 32mila metri quadrati, venne ampliata fino a raggiungere gli 85mila del 1975, con «l’enorme silo a celle che aveva una capacità complessiva di 120mila quintali suddivisa in celle cilindriche da 1000 quintali cadauna e da altre minori da 250 e 100 quintali».
Dalla dismissione delle Casere ai tempi più recenti si è passati anche per l’ipotesi abbattimento con la giunta guidata dall’allora sindaco Adriano Paroli. Fu solo nel 2016 che il Ministero dei beni culturali mise un vincolo sulle Casere: pubblici o privati, quegli spazi dovevano essere tutelati. «Ci siamo battuti come singoli cittadini cercando di coinvolgere anche i Consigli di quartiere a noi vicini - racconta la presidente del Cdq Don Bosco, Tiziana Cherubini - per presentare le osservazioni al Pgt della giunta Del Bono, appena insediata. E con una certa soddisfazione nel cuore, a titolo personale, ogni volta che ci passo davanti mi dico: "Che bello che sono ancora lì"». E chissà che per il centenario delle Casere possa arrivare qualche progetto realizzabile per la loro riqualificazione.
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