Lavoro e giovani: a Brescia la ministra Dadone
«Far conoscere ai giovani che non stanno facendo nulla le opportunità di lavoro e formazione esistenti sul territorio. Nel nostro viaggio abbiamo messo anche Brescia perché è una città strategica per il suo tessuto produttivo».
Così Fabiana Dadone, ministra per le Politiche giovanili oggi pomeriggio a Brescia per la terza tappa nazionale del Neet Working Tour, la campagna informativa itinerante rivolta ai giovani fra i 14 e i 35 anni che non lavorano, non studiano, non fanno formazione. In Italia sono tre milioni, nel Bresciano intorno ai 10mila (in crescita dopo la pandemia). In piazza Paolo VI, oggi e domani, stand informativi, spettacoli, incontri con la presenza di tante associazioni e categorie economiche. «Dobbiamo costruire una rete con il territorio e le istituzioni in grado di orientare, seguire, mappare i giovani», ha detto la ministra. «L'importante è dare nuovi stimoli ai Neet affinché escano da questa condizione».
Dadone ha anche incontrato i vertici di Confartigianato giovani, Brescia e nazionale, per raccogliere problemi e proposte. In primo piano il divario fra la domanda del mondo del lavoro, che non trova le competenze necessarie, e l'offerta. Il risultato è una contraddizione drammatica: imprese senza risorse umane e giovani senza impiego.
«Come intrappolati in un labirinto»
Opportunità da cogliere, stand dopo stand. Ma anche musica, colori e animazione per attrarre in piazza Paolo VI quanti più giovani possibile, e in particolare i cosiddetti Neet, quelli che non lavorano, non studiano e non cercano un lavoro (Neither in Employment or in Education or Training). Spesso questi giovani non hanno un obiettivo, e guardano al futuro più come a una minaccia che come a una promessa. Una deriva nichilistica che gli anni della pandemia hanno accentuato ulteriormente. Si sentono «come intrappolati in un labirinto», ci ha detto uno di loro. Non riescono a trovare la direzione giusta.
Come avvicinare il mondo delle istituzioni e quello dei ragazzi? Anche parlando un linguaggio giovane e mostrando al contempo prospettive concrete. Una di queste può essere anche il Servizio civile universale, verso il quale sono orientati Pietro e Giovanni, che plaudono in generale all'iniziativa: «Ha colpito nel segno, è qualcosa di utile, qualcosa che è stato fatto apposta per noi».
«A che serve la scuola?»
Gli anni del covid, si diceva, hanno fatto crescere il malessere dei giovani, il cui sguardo verso il futuro è diventato più cupo. «A volte mi domando: a che serve la scuola?», ci confessa candidamente un quindicenne. Eppure ieri insieme agli amici era in piazza, segno che a vincere non può essere e non è la rassegnazione.
Sono da prendere come un segnale positivo le diverse decine di ragazzi che all'ombra del Duomo hanno visitato lo speciale villaggio allestito. Per lo più si muovevano in gruppo, tra uno stand e l'altro. Hanno trovato opportunità e testimonianze positive. Istituzioni, agenzie formative, associazioni di categoria e mondo del terzo settore si sono presentati con parole, gadget e volantini, ma anche con il sorriso. Un sorriso che ci si augura possa essere, questo sì, il più contagioso possibile.
Domani, sabato, l'evento prosegue dalle 10 alle 12, con la riapertura degli stand.
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