L’artigiano del legno erede del «mago» ora in mostra
Un mestiere imparato rubando gesti e movimenti al padre. Al proprio maestro. Respirando fin da bambino il profumo della bottega piena di legni. Una passione che non fa sentire lo scorrere delle ore della giornata e che fa restare alzati anche la notte, se si è data la parola a un cliente. Un mestiere, quello di Marco Prandi, che sta scomparendo.
Il 60enne che ha il suo antro-laboratorio al Carmine, è infatti un restauratore di mobili antichi. Una tipologia di artigianato che sta via via perdendosi, segno dei tempi che cambiano. Perché non ci si inventa restauratori. Bisogna conoscere i materiali, sapere con che strumenti trattarli, studiare la storia dei mobili, le epoche di appartenenza per non rovinare arredi preziosi come gioielli.
«Nell’estate dopo la prima elementare venni in bottega a raddrizzare i chiodi antichi, in modo tale che mio padre potesse riutilizzarli. Poi ho iniziato a pulire i mobili, a carteggiarli, e nel frattempo osservavo come lavorava mio padre, che non solo era restauratore ma anche ebanista. Lo guardavo per rubare il mestiere».
Un mestiere che Marco Prandi ha ben imparato, anche se il sapere e i segreti di famiglia sono destinati a non esser trasmessi perché il sessantenne non ha figli. Né è riuscito ancora a trovare un giovane con la sua stessa passione, la stessa agilità nelle mani, la stessa inventiva, che possa affiancarlo nella bottega, in via Capriolo 16/1, ex vicolo delle Monache, realizzata in una stanza di un antico convento, sotto enormi travi di legno del ‘400.
Il laboratorio oggi è il suo «regno. Qui mi sento quasi realizzato - confida -. Quasi, perché vorrei essere un po’ più bravo, vorrei essere bravo come mio papà». Papà Ermanno, infatti, era molto conosciuto in città non solo come restauratore ma anche come intarsiatore, ed è venuto a mancare la scorsa estate, a 87 anni. Per anni è stato un riferimento non solo tra gli artigiani del Carmine ma anche per chi nello storico quartiere vive da sempre.
E proprio per rendergli omaggio la signora Silvia Rampinelli, d’accordo con Marco Prandi, in collaborazione con Fondazione Civiltà Bresciana e Ateneo, ha deciso di ospitare in due stanze del palazzo di famiglia, in via Capriolo 29, domani e venerdì 15 novembre dalle 18 alle 20, e sabato 16 dalle 16 alle 20, un’esposizione delle opere realizzate dall’ebanista.
«Mio padre - spiega il restauratore - aveva creato per sé, per la sua gioia personale, dodici tavoli tondi e tre mobili. Ad uno di questi, un etager che riproduce un palazzo di via Grazie (non solo nella facciata ma con tanto di soffitti e pavimenti decorati ad arte ndr) ha dedicato dieci anni». Al centro dei tavoli tondi invece si possono ammirare il Castello, il Capitolium, geometrie di vario genere, ma anche quadri del Pitocchetto. Lavori d’altri tempi, di un artigianato che va scomparendo, da non perdere.
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