L'amore mio non aspetta che spunti la luna

Ingannare l’attesa dell’emergenza con dei racconti... uno al giorno come nel Decameron
Bacio (foto simbolica) - © www.giornaledibrescia.it
Bacio (foto simbolica) - © www.giornaledibrescia.it
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Ingannare l’attesa dell’emergenza con dei racconti... uno al giorno come nel Decameron. Sollecitati dalla proposta dello scrittore Nicola Fiorin, abbiamo lanciato ai lettori l’idea di inviarci dei racconti per l’eventuale pubblicazione sul giornale o sul sito giornaledibrescia.it.

Chi volesse proporne uno, dovrà attenersi nel limite delle 3.500 battute, ed inviarlo a lettere@giornaledibrescia.it

 

Il racconto dell'attesa

«Tesoro - non risponde, provo ancora - Amore…».

Lui si avvicina, mi si incolla al corpo e all’orecchio sibilando proprio come un serpente: «Non chiamarmi tesoro. Lo sai che non sopporto smancerie in pubblico, non siamo due adolescenti. Ti piacerebbe se ti chiamassi "gattina", "frugoletta", "trottolina" ad ogni piè sospinto?»

«Sì, - mi sfugge dalle labbra - no, volevo…, certo che...»

Avevo appena notato un pizzico di luna spuntare lenta alle spalle di quei negozi, nessuno ci fa più caso, ci sono talmente tanti riverberi, non so cosa, pareva guardarmi stranita, non riconoscermi più, del resto come sono lontanissimi i tempi delle emozioni, dei battiti in gola quando lui, insaziabile, mi divorava di baci al buio luminoso della sua luce. Desideravo essere un po’ carina, tornare un istante a quelle sensazioni.

In verità non aspettava mai che la luna spuntasse. Era la mia romanticheria che lo faceva un cavaliere d’altri tempi, dolce, appassionato, audace, impaziente, generoso, tenero, forte, innamorato, solo di me. Lui, adesso, mi cerca con gli occhi, ha voglia di scusarsi, poi, volge lo sguardo verso il cielo, ritorna a fissarmi. «Vieni, mi dice, andiamo, corriamo…»

«Corriamo? Sì, una volta, chi ci dà una mano?…»

«Dai, corriamo a perdifiato, non abbiamo bisogno di nessuno, sai come facciamo? Prendiamo il primo autobus per Porta Nuova, sì, dovrebbe essere il 13…forse è quello, sta arrivando, forza», - e mi strattona vigorosamente.

L’autista con un’occhiata complice si sofferma un attimo su noi due, poi prosegue la sua guida. Porta Nuova.

«Ti ricordi?» - mi domanda.

Giro gli occhi intorno. Temo di aver perso qualche momento, i gesti, le parole, le frasi, non devo essere stata molto attenta.

Osservavo dai finestrini le persone e le cose scorrere velocissime.

Ora, lo so benissimo, anche se a volte fingo di non sapere, di non capire, i pezzetti della mia vita si sono tutti mescolati simili ad un’edera rampicante e guai a districarli perché si spezzerebbero e rinsecchirebbero senza alcuna speranza e, dunque, come in una grande tombola, a sorte, nei giorni belli vengono estratti per magia alcuni frammenti.

«Guarda, era davvero tanto tempo che non tornavamo, la piazza è molto diversa non sembra nemmeno più la stessa, è vero, ma siamo cambiati anche noi».

C’è una tale nostalgia nella sua voce che gli si spezza e così il mio cuore.

«Al posto dell’enorme caseggiato giallo hanno costruito due banche, in fondo, dove c’era il negozio di orologi e fotografie un supermercato, accanto si trovava una piccola vetrina colma di scarpe e un bar color rosso, là sull’angolo, vedi, esiste ancora la vecchia libreria con l’antica insegna: un libro chiuso e sopra una spada. Tu credevi che la spada era messa a difesa del sapere, io affermavo invece che rappresentavano due forze, la forza del corpo, la spada, e la forza dello spirito, i libri, e queste due forze dovevano coesistere in ogni uomo. Non l’abbiamo mai chiesto al libraio».

«Ah, eccolo, finalmente, ricordavo giusto, da questo punto, incastrato tra i due grattacieli, s’intravedeva il monte, come lo chiamavamo? il Silter, qualcosa di simile, non rammento bene. Ovunque, dappertutto, ne ero fermamente convinto, la luna già luccicava alta nel cielo, ma in questo luogo, da dietro al monte, ai grattacieli la luna doveva combattere per farsi largo e giungeva irrimediabilmente per ultima. Noi c’incontravamo tutte le sere qui, mi dicevi sempre che ero troppo impaziente, per niente romantico, non attendevo mai che spuntasse la luna».

«Sì, lo ricordo».

«Vuoi che aspettiamo? Tra poco una luna nuova si leverà e la osserveremo risplendere sopra di noi e io ti abbraccerò e ti bacerò come allora perché sei l’amore mio, la mia vita».

«E per tornare?» - un’ombra furtiva passa nella mia mente.

«Ci sarà un autobus che passa, non preoccuparti».

«Ah, allora…»

 

La biografia

Graziella Abiatico. Nata in un piccolo paese della Bassa bresciana, ha sempre amato leggere e scrivere. Ha già pubblicato un libro di racconti brevi “Il sorriso negli occhi”

 

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