Lala Kamara, l'omicida condannato all’ergastolo
La sentenza arriva al terzo giorno di processo. Fine pena mai per l’assassino di Lala Kamara, la 26enne nata in Senegal, cresciuta a Brescia dove la famiglia da dieci anni risiede a Ponte San Marco, e uccisa a Manchester a marzo, alla vigilia di quello che doveva essere il suo primo giorno di lavoro come infermiera dopo aver finito gli studi e vinto un concorso.
«Carcere a vita» conferma al telefono dal’'Inghilterra Alliance, il padre della giovane che ha ascoltato la lettura della sentenza di condanna all’ergastolo nei confronti di Mustapha Dia, senegalese che ha compiuto 22 anni ad agosto. Il giovane al termine di una festa aveva ucciso Lala nell’abitazione che la ragazza, di passaporto italiano, condivideva con alcune amiche nel quartiere di Denton Court, periferia di Manchester. Venne strangolata per una questione di soldi.
Il 22enne Mustapha Dia, che era accusato di omicidio volontario, venne arrestato poche ore dopo il delitto, non appena gli agenti di Polizia arrivarono sulla scena del crimine. Con lui inizialmente venne fermato anche il cugino 25enne, ma fu rilasciato il giorno successivo per mancanza di gravi indizi di colpevolezza.
«Sono soddisfatto per come si è chiuso il processo, anche se nessuno mi riporterà la mia Lala» commenta il padre della 26enne che è stata sepolta in Senegal. «Volevo vedere in faccia chi l’ha uccisa, volevo capire perché. Lui è stato condannato all’ergastolo, ma io senza mia figlia vivo già un ergastolo» aggiunge Alliance Kamara che fin dal primo momento è stato aiutato dalla comunità senegalese presente a Brescia. L’uomo venne a conoscenza dell’omicidio da una telefonata di un’amica della figlia.
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