La zanzara sinsighìna e il torrente rabbioso
Zzzz, zzzz (pausa) zzzz. La zanzara rabbiosa di fine estate non mi vuol proprio lasciar dormire e così il pensiero comincia a vagare, istigato dall’insonnia a inseguire ponti linguistici. Rivedo la gita di qualche giorno fa nella trentina Val di Rabbi, di là dal Tonale. Deve il suo nome al torrente Rabbies, detto così dal latino rabies per la sua natura irruente. Proprio come il bresciano torrente Rabbia in Adamello, che i ponti spesso li travolge.
La rabbia - peraltro - è quello stato d’animo in cui ti puoi trovare se accanto a te c’è qualcuno o qualcosa (un essere umano irritante, un rubinetto che gocciola, una zanzara notturna...) che non ti lascia in pace. Che ti sinsìga. Quale sia l’origine del verbo dialettale sinsigà ce lo chiede Francesco, bresciano da anni trasferitosi in Cile, che da là in fondo ritrova in Dialèktika un ponte per i suoni della sua terra.
Sinsigà col significato di punzecchiare, stuzzicare, aizzare, istigare è citato già nel Dizionario bresciano-toscano curato nel 1759 dai ragazzi del seminario diocesano di casa nostra. Che citano le frasi idiomatiche «sinsigà i ca che dórem» e «sinsigà i fèr a vergü». Il vocabolario milanese del Cherubini (1840) ricorda che sinzigà si può dire anche inzigà e lo traduce con istigare. Proprio al latino instigazio lo affianca il dizionario della Crusca nel 1729. La Treccani si trincera dietro un «etimo incerto».
A me il verbo sembra proprio onomatopeico. Forse perché nelle orecchie mi è rimasto lo zing zing alternato e insistente della lama nelle segherie veneziane della Val di Rabbi. O piuttosto il fastidioso zzzz, zzzz (pausa) zzzz della zanzara di stanotte. Rabbia.
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