La vita dietro le sbarre: «Spero di diventare una persona nuova»

Le carceri di Canton Mombello e Verziano tra storie di convivenze forzate, di mescolanze, di usi e costumi
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«L’impatto è stato forte, soprattutto sapendo per cosa entravo. Altri dodici anni qui dentro sono lunghi, è la speranza di diventare una persona nuova che mi porta avanti». A parlare alle telecamere di Teletutto entrate a Canton Mombello è un ragazzo albanese che sta scontando 15 anni per «un reato grave», racconta. E lo è: omicidio.

E’ uno dei quattro condannati per la morte di Pietro Raccagni, colpito durante una rapina nella sua casa di Pontoglio nel 2014.

La sua è una delle testimonianza della vita in carcere discusse nella puntata di «Messi a Fuoco» andata in onda venerdì, con Andrea Cittadini e, come ospiti, il deputato del Pd Alfredo Bazoli, la Garante dei detenuti Luisa Ravagnani e il presidente di Alborea Giuseppe Pezzotti. Canton Mombello e Verziano, vicini e lontani, spesso antitetici, condividono storie di convivenze forzate, di mescolanze, di usi e costumi.

E consumi: circa un terzo dei 343 detenuti di Canton Mombello è tossicodipendente, il 60% è di origine straniera (Marocco, Albania e Tunisia in testa). A Verziano i detenuti uomini sono 79, le donne 53. Il 45% è straniero.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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