La vedova di Luigi Calabresi incontra il regista Marco Bellocchio
Perdonare è sempre difficile. A volte impensabile. Altre ancora impossibile. «Perdonare, per molti anni, è stato per me un verbo dal suono vuoto. Non conteneva nessun bisogno, ma anche nessun obbligo» scrive Gemma Calabresi Milite nel suo libro «La crepa e la luce», il racconto di come la sua vita è cambiata da quel 17 maggio 1972 in cui diventa la «vedova Calabresi». «Ci ho messo del tempo per abituarmi a questa parola che mi avrebbe accompagnata per tutta la vita, cancellando l’evoluzione e le sfumature grandi e piccola della mia esistenza» ricorda la moglie del commissario di polizia Luigi Calabresi, ucciso da esponenti di Lotta continua che lo consideravano l’assassino di Giuseppe Pinelli, l’anarchico di sinistra morto cadendo da una finestra della questura di Milano durante un interrogatorio nella notte tra il 15 e il 16 dicembre del 1969.
«Il perdono? Non raccontavo allora di come mi sforzassi in quell’impresa usando la testa, per poi accorgermi, molto tempo dopo, che tanta fatica era stata inutile, perché il perdono è un moto autonomo del cuore». E Gemma Calabresi Milite il suo percorso lo ha terminato ed è arrivata a perdonare gli assassini di suo marito: gli esecutori materiali Ovidio Bompressi e Leonardo Marino e i mandanti Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri. Quelle persone, individuate anni dopo e condannate in via definitiva, che l’avevano lasciata vedova a 25 anni, con due bambini piccoli, e un terzo figlio in grembo che non ha mai visto e conosciuto suo padre.
Nel suo libro la vedova Calabresi scrive: «Li ho incontrati, negli anni. La massa indistinta delle mie preghiere, quelli che avevano collaborato, spalleggiato, urlato e bisbigliato che Gigi doveva morire. Quelli che avevano firmato l’appello contro il commissario Calabresi, pubblicato sul settimanale L’Espresso il 13 giugno 1971». Tra le centinaia di firme raccolte per dire che «chi porta la responsabilità della fine di Pinelli, Luigi Calabresi, ha trovato nella legge la possibilità di ricusare il suo giudice», c’era anche quella di Marco Bellocchio, il regista che venerdì prossimo, 6 maggio, si ritroverà davanti proprio Gemma Calabresi Milite, nella serata organizzata nell’ambito della rassegna culturale Castenedolo Incontra nella quale la vedova del commissario Calabresi presenterà il suo ultimo libro edito da Mondadori, a partire dalle 20.45 nella sala civica dei Disciplini alla presenza anche del ministro della Giustizia Marta Cartabia.
Nel libro un passaggio è dedicato proprio a quell’appello pubblico firmato dall’allora intellighenzia italiana. «Penso che molte di quelle persone preferiscano non rimestare nel passato: sono diventati adulti, ora forse nonni, hanno conquistato una posizione socialmente inconciliabile con quello che sono stati. Come spiegare? Più semplice dimenticare. Magari sono intimamente pentiti, e glielo auguro, ma quel pentimento vorrebbe dire raccontare anche tutto il resto, meglio lasciar perdere. Anche prima di questo libro - conclude la vedova Calabresi - la mia scelta di perdono era cosa nota. Ma nessuno di quel generico "loro" ha mai detto nulla a riguardo». Come reagirà il regista Marco Bellocchio a distanza di tanti anni? C’è chi non esclude che proprio il faccia a faccia con Gemma Calabresi Milite possa essere al centro di un nuovo film.
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