La Valle di Mompiano fa rotta verso il 2422
«Un progetto che guarda al futuro, ai cambiamenti climatici che devastano il pianeta, per contrastare l’insopportabile inedia di chi può fare qualcosa, per provare a fare la nostra parte. Un progetto che non pensa a domani o dopodomani, ma proprio al futuro lontano, simbolicamente al 2422».
Marco Palamenghi, presidente della Fondazione Bobo Archetti, braccio operativo dell’associazione «Gnàri dè Mompià», coltiva un sogno che intende scambiare con tutte le realtà attive e sensibili al tema della conservazione del patrimonio boschivo della Valle di Mompiano dove gli interventi sinora attuati sono già ben visibili.
L’obiettivo
È proprio un bosco secolare quello che prevede la realizzazione di due itinerari didattico-naturalistici che condurranno al futuro, con un’area a tutela integrale e una a tutela parziale. «Il nostro è un impegno a lasciare alle generazioni future un luogo naturale integro e recuperato, non abbandonato all’incuria - ha spiegato Palamenghi -. Siamo contenti che già in questa fase embrionale di progettazione abbiamo trovato il sostegno di tanti, tra i quali il Comune di Brescia, il Parco delle Colline, il Museo di Scienze Naturali e alcune realtà imprenditoriali».
Il coinvolgimento di tanti è l’elemento fondamentale. «Ma non chiediamo solo di supportarci contribuendo al progetto - ha proseguito il presidente della Fondazione -, ma di immaginare il futuro. Cosa si potrà lasciare alle generazioni che vivranno qui, nella nostra bella valle».
Il progetto
Da tempo la Fondazione stava progettando la realizzazione di un sentiero botanico/naturalistico che consentisse di visitare il bosco, a partire dal sito di ArteValle, mettendo a disposizioni le informazioni per individuare e imparare a riconoscere le essenze sia più comuni, sia più rare. «Siamo venuti a conoscenza del “Progetto 400” del Centro Interdipartimentale dell’Università di Padova – ha infine motivato Palamenghi - che prevede la messa a dimora in varie parti d’Italia di milioni di giovani alberi da studiare, custodire e preservare per i prossimi quattro secoli». Il Bosco del futuro è diventato così una «imitazione positiva» che i bresciani dovranno adottare.
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