La ricerca deve essere libera di sognare
Lodi sperticate a Giorgio Parisi che con la sua ricerca sui sistemi complessi si è guadagnato il Nobel per la Fisica 2021. Al plauso meritatissimo ci uniamo, ma lo facciamo mettendo un po’ di sale sulla zolletta.
La storia di Parisi dimostra - per sua stessa ammissione - come sia difficile praticare la ricerca di base in un Paese come il nostro, dove i fondi pubblici scarseggiano e le aziende (giustamente dal canto loro) ai laboratori chiedono risultati pratici e pressoché immediati. Rischiamo di dimenticare che ricerca di base vuol dire comprensione di fattori che, spesso, un diavoletto si diverte a nascondere alla nostra mente.
La ricerca di base è la poesia della scienza, ma è anche maestra che insegna la strada e lungo il percorso distribuisce doni preziosi all’umanità. Un esempio? Wilhelm Röntgen non stava certo progettando una lampadina quando scoprì, casualmente, i raggi-X. Si potrà obiettare che la bomba atomica deriva dalla ricerca di base, ma Albert Einstein pensava alla sua teoria della relatività ristretta «semplicemente» come ad un mattone da aggiungere alla casa della conoscenza, niente di più. Concetto spiegato benissimo da Marie Curie: «Quando il radio venne scoperto nessuno sapeva che si sarebbe rivelato utile negli ospedali».
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