La pandemia ha colpito un sistema sanitario già in piena crisi

Tagli costanti ai posti letto, pochi medici specialisti e regionalizzazione spinta: così il sistema è entrato nella drammatica crisi
Medici in ospedale - Foto Ansa/Epa © www.giornaledibrescia.it
Medici in ospedale - Foto Ansa/Epa © www.giornaledibrescia.it
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L’epidemia di coronavirus ha travolto il sistema sanitario pubblico italiano mettendone in luce i limiti, dopo anni di tagli e scelte rivelatesi poco lungimiranti.

Non è un caso che la priorità di questo primo mese sia stata la creazione di nuovi posti letto in Terapia intensiva: solo in Lombardia siamo passati dai 500 prima dell'inizio dell'emergenza agli attuali 800. Il risultato lo vediamo nei numeri impressionanti del contagio e dei decessi, che rappresentano oltretutto solo una parte del fenomeno reale, dato che i tamponi si fanno solo negli ospedali.  

Perché siamo in questa situazione? E come mai abbiamo bisogno dell'aiuto di medici stranieri?

In Italia avevamo 2,6 posti letto di terapia intensiva ogni mille abitanti: un dato che colloca il nostro Paese al 19esimo posto nella classifica europea. In base ai dati Eurostat Ocse, piu in generale, l'Italia dispone di 3,2 posti letto in ospedale per mille abitanti contro una media europea di 5. 

Tra il 2000 e il 2017 i posti letti in Italia si sono ridotti di un terzo, di pari passo con una contrazione delle risorse destinate alla sanita. Basti pensare che il nostro Paese destina al sistema sanitario il 6,5% del pil, mentre Francia e Germania, per esempio, superano il 9%.

Al problema dei posti letto si aggiunge quello del personale medico. Il numero chiuso nelle università ha fatto sì che su quasi 69mila spiranti medici nel 2019 solo poco più di 11mila siano riusciti ad accedere ai corsi.

A Brescia lo scorso anno l'Università degli studi ha messo a disposizione poco più di 220 posti, ma i candidati al test erano più di 1400

Non solo. nel luglio 2019 il Miur ha aumentato i contratti di formazione medico specialistica finanziati da Stato, regioni ed altri enti pubblici e provati, portandoli da 6.200 a poco meno di 8.800 in un anno. I medici ammessi alla specializzazione in anestesia e rianimazione (quelli che lavorano nelle terapie intensive per intenderci) sono passati così da 744 a 962 in un solo anno, ma alle prove di ammissione per quei 8.800 posti si sono candidati piú di 17.600 medici laureati. Dunque il problema del nostro paese non sarebbe tanto la mancanza di medici, bensì la carenza di specialisti. Una carenza che in queste settimane stiamo pagando a caro prezzo. 

A tutto ciò si aggiunge la regionalizzazione spinta del sistema sanitario che ha creato muri tra i territori: basti pensare al fatto che le altre Regioni non stiano soccorrendo la Lombardia, come denunciato dagli anestesisti bresciani

 

 

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